Comunicato della maggioranza consiliare di Montenero di Bisaccia:
Monteneronotizie.net, a firma di Rossano D’Antonio nelle edizioni del 18 e 19 aprile, rilegge, drammatizzandone gli effetti, una sentenza del Consiglio di Stato pubblicata l’11 dicembre dello scorso anno con cui – in realtà – è stata suffragata, pienamente, la legittimità del vigente Regolamento per il Funzionamento del Consiglio comunale montenerese, nel testo modificato nell’ormai lontano 2016 (Delibera di Consiglio n. 10).
Se è nota la predisposizione dell’autore locale a leggere in negativo tutto quello che riguarda l’Amministrazione in carica, non può essere consentito che i suoi possibili lettori diventino destinatari di informazioni inesatte, disinformate e fuorvianti, soprattutto in casi, come questo, nel quale ci si avventura ad interpretare una sentenza resa in grado definitivo.
Di qui la necessità di esercitare, con la presente nota, il diritto di replica e di rettifica a quanto erroneamente rappresentato.
Stando alle riletture critiche in discorso, la sentenza del Consiglio di Stato n. 10662 del 2023, già detta, costituirebbe “una tegola” per i capigruppo (18 aprile), per di più disattesa dal Comune, stando al titolo del 19 aprile: “la sentenza del Consiglio di Stato può attendere: regolamento non ancora modificato”.
Stiamo parlando della bocciatura, come detto definitiva, di un ricorso proposto nel 2016 dalla minoranza (D’Ascanio) contro l’intervenuta modifica di 5 articoli del Regolamento consiliare, riguardanti la convocazione di minoranza del Consiglio; la proposizione di mozioni ed interpellanze e la costituzione di commissioni consiliari speciali, nella parte in cui tutti questi articoli prescrivevano che, ove nel calcolo della frazione dei consiglieri necessaria ad attivare i diversi istituti residuassero decimali, la cifra esatta dovesse essere arrotondata per eccesso (ed esempio: se per chiedere la costituzione di una commissione d’inchiesta, o proporre un mozione etc., di norma necessario almeno un quinto dei 13 consiglieri, ossia 2,6, sono necessarie le firme di tre componenti).
Nel 2018, con sentenza n. 119, il Tar Molise aveva dato ragione alle minoranze (D’Ascanio), ritenendo che l’arrotondamento per eccesso, voluto da quelle 5 norme regolamentari, fosse lesivo dell’operatività delle minoranze. Conseguentemente, senza modificare il testo contestato in attesa del pronunciamento sull’appello proposto dal Comune, le rappresentanze consiliari nel tempo hanno saggiamente scelto di uniformarsi, nella prassi, alle indicazioni del Tar, così consentendo a due soli consiglieri, ad esempio, di presentare mozioni o proporre la costituzione di commissioni speciali.
A chiusura del giudizio, come ridetto, a dicembre dello scorso anno, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del Tar, respingendo definitivamente il ricorso D’Ascanio, così facendo salvi i 5 articoli contestati, nel testo del 2016, ed attuale, stabilendo che il criterio dell’arrotondamento all’unità superiore, in caso di frazioni decimali, non solo sia legittimo, ma costituisca il principio prevalente (anche nel caso in cui il Regolamento nulla avesse stabilito a riguardo).
Leggendo la sentenza dal verso giusto, senza capovolgerla, si ricava che i magistrati del Consiglio di Stato hanno dato ragione piena all’Amministrazione e torto alla minoranza p.t., confermando la legittimità e la piena operatività delle norme regolamentari che disciplinano l’arrotondamento all’unità superiore, nelle 5 norme accennate.
Nessuna “tegola”, dunque, e soprattutto nessuna “attesa” per modifiche del Regolamento indotte dalla sentenza.
In altre parole, la sentenza del Consiglio di Stato non è argomento utile per strumentalizzazioni riferite alla supposta inoperatività della Commissione consiliare per la Statuto e i Regolamenti, come sarebbe stato invece se i giudici avessero assunto la decisione diametralmente opposta, ossia l’annullamento dei 5 articoli tuttora vigenti.
A ben vedere, pure in questa falsa prospettiva, la censura giornalistica dei giorni scorsi sarebbe finita comunque nel vuoto, in quanto l’attuale Commissione che istruisce - solo consultivamente - possibili modifiche dei Regolamenti, ancorché numericamente non integra, per un verso è pienamente operativa e per altro verso, non operando, non preclude in nessun modo l’esercizio delle funzioni deliberative del Consiglio, quanto al testo di Statuto e Regolamenti (vedi art. 14, comma 1 dello Statuto, in conformità al T.U.EE.LL.).
In verità, questa Amministrazione, che è sicuramente estranea al contenzioso descritto e risolto a fine 2023, non sarebbe affatto contraria ad ipotesi di modifica del Regolamento consiliare, limitatamente agli articoli 29, comma II, e 31, comma V, riguardanti la presentazione di mozioni e interrogazioni, introducendo la regola dell’arrotondamento per difetto della frazione del quinto dei consiglieri. La stessa sentenza n. 10662 del 2023 del Consiglio di Stato, chiarisce che in sede regolamentare i Comuni siano liberi di introdurre opzioni di questo tipo, nella disciplina di istituti diversi da quelli collegati al quorum strutturale (numero di consiglieri necessari per rendere valida una seduta e legittima una deliberazione). Ovviamente, trattandosi di modifiche di miglior favore per le minoranze, resta a queste la valutazione dell’opportunità di cogliere la disponibilità della maggioranza per contribuire, in Commissione o direttamente in Consiglio, a semplificare la presentazione di mozioni e interpellanze.
Da ultimo, sempre con riferimento ai contenuti delle prese di posizione del D’Antonio nei suoi più recenti cimenti tastieristici, è pure da escludere che nessuna tegola e nessuna spada di Damocle sia ragionevolmente riferibile pure al consigliere comunale Antonio Potalivo, da sempre integrato nella maggioranza per la quale si batte quotidianamente, non solo nelle sedi istituzionali e deliberative, ma anche nell’esercizio delle attività che gli sono state delegate.
Il vezzo, fantasioso e strumentale, di seminare dubbi sulla tenuta della maggioranza, pur essendo segno del più scontato e vecchio gioco delle parti, finisce per risultare offensivo per le persone di cui s’insinua falsamente e senza il minimo riscontro obiettivo la disomogeneità politico istituzionale. A più forte ragione nel caso in cui a seminare zizzania non è la politica politicante, ma coloro che si piccano di raccontarla. Tanto si doveva, con la speranza di non dover richiedere la pubblicazione di nuovi chiarimenti su questa vicenda, che è stata già oggetto di rettifiche.
La Maggioranza Consiliare al Comune di Montenero di Bisaccia
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