Gli abbandoni d'aula nella storia recente: mai lo ha fatto la maggioranza

Dopo il Consiglio choc di alcuni giorni fa una disamina dei precedenti, dai colpi di teatro alle crisi amministrative, fino all'abbagliante record di venerdì scorso

Rossano D'Antonio
19/08/2023
Politica
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MONTENERO DI BISACCIA. Di uscire con la convinzione di far saltare il banco sbagliando il conteggio non era mai accaduto, per il resto la storia amministrativa di Montenero è piena di abbandoni di aula in Consiglio. Con un'ulteriore differenza, in tutte le altre occasioni rispetto all'ultimo episodio: non l'ha mai fatto la maggioranza in blocco.
Quanto accaduto l'11 agosto, l'ormai celebre Consiglio comunale destinato a rimanere agli annali, dà occasione di ripercorrere fatti analoghi avvenuti in passato, per quanto con enormi differenze.
Di seguito una disamina dei precedenti storici, dai colpi di teatro alle bordate alla propria maggioranza, ma senza mai arrivare a quello che si è visto qualche giorno fa.
1959: sindaco è Emilio Gabriele, il più giovane di sempre, geometra eletto a soli ventisette anni. La sua è una reggenza turbolenta ed è quando sono passati tre anni dalla sua elezione che gli si mette contro mezzo Consiglio comunale. Infatti dieci membri abbandonano l'aula nel febbraio 1959, capeggiati dal maestro delle Elementari Gaetano De Risio. Salta il numero legale proprio quando si deve approvare il bilancio, uno degli atti più importanti e non procrastinabili. Eppure incredibilmente l'amministrazione comunale non cade, nonostante per approvare il bilancio arrivi il commissario prefettizio. Gabriele si dimetterà l'anno dopo a maggio.
Gaetano De Risio negli anni Settanta

1987: alla guida di Montenero c'è una coalizione composta da Partito comunista, civica centrista Spiga e un socialdemocratico. Sindaco è Nicola D'Ascanio e nel corso dell'estate la maggioranza dà i primi segni di cedimento. Il 30 settembre tre della Spiga, tutti democristiani in dissenso col resto della Balena bianca montenerese, abbandonano la seduta, seguiti dalla Dc e dall'altra civica centrista Campanile. Restano in otto, salta il numero legale e non si approva il bilancio. Tuttavia la crisi di maggioranza rientra (e si approva il bilancio in extremis) a inizio novembre.
Nicola D'Ascanio nel 1988

1989: in luglio va in scena l'ennesima crisi amministrativa. Sindaco è ancora Nicola D'Ascanio, ma la sua reggenza sta arrivando alla (momentanea, molto momentanea) fine. Il 3 luglio abbandona l'aula assieme agli altri consiglieri comunisti subito dopo essersi dimesso: non ha più una maggioranza. Nel chiudere la sua dichiarazione dice: "l'elettorato, quando dovrà pronunciarsi, lo saprà fare con indiscutibile capacità di giudizio". Avrà ragione, se con "capacità di giudizio" intendeva consenso per sé; la Democrazia cristiana, riunitasi con la Spiga, riprende il Comune per un solo anno.
1990: il 9 giugno Nicola D'Ascanio torna al potere in pompa magna, con acclamazioni di popolo che sfociano in quel fanatismo che si osserverà ancora – e soltanto, per fortuna - una trentina di anni dopo. La sua elezione (non era ancora diretta come oggi) avviene a scrutinio segreto, per quanto a votarlo siano soltanto i suoi: ha undici consiglieri, la maggioranza assoluta, e il fatto che i nove democristiani abbiano abbandonato l'aula non lo scalfisce. Acclamazioni da stadio, furor di popolo, discutibili atteggiamenti di scherno verso i simpatizzanti dc in piazza per settimane, maggioranza assoluta in un solo partito (cosa quasi impossibile a Montenero all'epoca). Eppure si incaricherà il destino di far durare quell'amministrazione tutta rossa molto poco, fra l'incredulità generale. Conviene continuare con la lettura.
1992: stavolta ad abbandonare l'aula sono i consiglieri del Partito democratico della sinistra, già Pci. Succede il 6 agosto, quando Domenico Porfido è eletto sindaco con una maggioranza centrista rafforzata dall'unico eletto di Rifondazione comunista. È successo che il partitone rosso si è spaccato a Montenero, D'Ascanio ha perso incredibilmente la maggioranza e si è tornati al voto dopo solo due anni. Anche questo abbandono di aula non ha effetti, come quello dell'anno successivo.
1993: la maggioranza consiliare torna a cambiare, dopo che il Tar ha ridato un seggio al Pds, togliendolo a Rifondazione. D'Ascanio torna a essere sindaco, per la terza volta ma senza mai completare un mandato intero. A dargli l'undicesimo consigliere per formare una maggioranza è un democristiano. È il 21 aprile, diversi consiglieri sono assenti e tre democristiani se ne vanno prima della votazione per eleggere il sindaco. È l'avvio dell'egemonia del centrosinistra, e di D'Ascanio, che durerà ancora a lungo. Tant'è che il successivo abbandono plateale, ma con effetti, arriverà parecchio dopo.
2006: il sindaco Giuseppe D'Ascenzo non fa in tempo a discutere il primo argomento che Antonino D'Antonio chiede di poter leggere un comunicato. Lamenta che non abbia ancora preso provvedimenti contro l'assessora Valeria D'Ottavio, del suo stesso gruppo (Italia dei valori), con la quale è entrato in forte contrasto durante la campagna elettorale per le regionali. Poi si alza con altri tre compagni di partito. Dalla minoranza fanno i calcoli in un baleno: se ci abbandoniamo anche noi salta il numero legale e si interrompe la seduta. Ovviamente è quello che fanno, lasciano l'aula in quattro. D'Ascenzo, visibilmente provato come raramente è capitato (almeno fino a quel momento) sibila: "la seduta è sciolta". La crisi rientra diversi giorni dopo, l'assessora è revocata dal sindaco cui sarebbe piaciuto, come sempre, tenersi fuori dalle beghe della sua stessa maggioranza, ma che nei momenti clou eccome se sa essere deciso.
Nelle foto l'abbandono dei consiglieri Idv e della minoranza nel 2006


2009: l'anno in cui succede di tutto e pertanto anche gli abbandoni sono ben due, ma con scenari completamente diversi. Il primo avviene il 26 marzo, quando si discute del muro al porto turistico, ma in realtà è solo il pretesto, per i consiglieri di minoranza, per far emergere la falla che hanno scoperto nella maggioranza. Ha cominciato a scricchiolare, loro fanno quello che ci si aspetta: allargare la frattura. La discussione si fa accesa, il sindaco D'Ascenzo (non c'era ancora il presidente del Consiglio comunale) a malapena trattiene loro da una parte, Michele Borgia dall'altra. Infine i consiglieri di minoranza se ne vanno, senza conseguenze e d'altronde la stessa riunione è giunta al termine. D'Ascenzo anche stavolta sibila "la seduta sciolta", visibilmente provato, forse presagendo che lo aspettano mesi difficili.
Nellel foto Giuseppe D'Ascenzo nel giugno e settembre 2009


Tant'è che il secondo abbandono avviene il 24 settembre, quando la crisi di maggioranza arriva in Consiglio comunale. A spaccare il centrosinistra che sembrava granitico fino a un anno prima è ben altro, ma si preferisce trovare un poco credibile casus belli in un progetto di villette a schiera (poi non realizzato) alla Marina. Vanno via diversi consiglieri di maggioranza, Idv ma non solo, e perciò Nicola Travaglini, dalla minoranza, dice che non possono essere loro a reggere le sorti di una maggioranza così sfasciata. Abbandonano l'aula anche lui e gli altri di opposizione, giù il numero legale, tutto da rifare. D'Ascenzo, di nuovo perde l'aplomb che lo contraddistingue, specie quando i problemi riguardano altri. Ma poco dopo reagirà con rara abilità alla manovra di palazzo che mira a farlo tornare a casa con qualche mese di anticipo. Travaglini, dal canto suo, in quel settembre già comincia ad avere certi ammiccamenti con una parte della maggioranza, grazie ai quali sarà lui a succedere a D'Ascenzo nella successiva primavera.
Questi gli abbandoni d'aula più noti nella storia recente montenerese. Come si vede, in nessun caso è successo quello che si è visto lo scorso 11 agosto. In genere va via la minoranza, oppure una parte di maggioranza e l'opposizione fa un rapido calcolo per valutare se, alzandosi a sua volta, salti il numero legale. Ma mai se n'era andata in blocco la maggioranza, con tutta probabilità convinta che così saltasse il quorum e con esso la seduta. Un record non si sa quanto invidiabile per l'attuale amministrazione comunale.
Nella foto la minoranza mentre lascia l'aula nel settembre 2009

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