MONTENERO DI BISACCIA. Il numero legale c'era o non c'era? E il vice presidente del Consiglio comunale può dirigere un'intera seduta o deve solo fare eleggere il nuovo? La maggioranza ha commesso l'imprudenza del secolo alzandosi e andando via o ha rispettato il regolamento?
A quasi una settimana dal Consiglio comunale del secolo, quello dell'impossibile fatto realtà , restano ancora in piedi queste domande. Se non altro perché i consiglieri di maggioranza, in una nota protocollata sabato, hanno addirittura paventato il ricorso alle vie legali. Ritengono infatti che non solo Gianluca Monturano non potesse andare oltre l'elezione del nuovo presidente del Consiglio, cosa non avvenuta per mancato quorum, ma anche che i sei consiglieri rimasti non bastassero a tenere in piedi la riunione.
Brevissimo riepilogo. Dopo il rimpasto di giunta il presidente del Consiglio comunale Nicola Marraffino è diventato assessore; ne va che ha dovuto dimettersi dalla precedente carica e così la seduta per la nomina del successore è stata convocata dal vice Gianluca Monturano, esponente di minoranza. Ci sono stati battibecchi sia prima, sia durante il Consiglio. In prima convocazione è mancato il numero minimo di voti (otto) e così l'elezione è slittata alla successiva seduta. I consiglieri di maggioranza ritenevano che non si potesse andare avanti con la direzione del vice presidente, il quale a loro giudizio dovrebbe solo portare fino alla nuova nomina. Così hanno abbandonato l'aula, per altro convinti che in tal modo saltasse il numero legale e quindi riunione finita per tutti.
Non è andata così, perché il regolamento parla di sei consiglieri sufficienti a mandare avanti il Consiglio. Tant'è che si è assistito a una scena mai vista: i lavori sono proseguiti con i quattro di minoranza e due ormai ex consiglieri di maggioranza.
È andata così, magra figura davanti all'Italia? No, secondo i consiglieri di maggioranza (divenuti sei, più la sindaca), che nella citata nota la pensano in maniera completamente diversa. E ci si accinge ad analizzare le loro tesi.
Il vice presidente può solo far eleggere il nuovo, non far discutere tutti gli ordini del giorno? È quello che sostengono i consiglieri di maggioranza e all'uopo citano l'articolo 6 del regolamento comunale, che "assegna al vice presidente solo (sottolineato nell'originale n.d.r.) il compito di convocare il Consiglio, in una o due sedute solo per l'elezione del presidente in caso di vacanza (nel senso di carica divenuta vacante, non ferie n.d.r.), non stabilendo affatto una generale funzione vicaria nelle more di tale elezione". Detto in maniera più semplice, il vice può solo far eleggere il nuovo, tant'è che lo stesso regolamento specifica che "possa sostituirsi solo in caso di assenza o impedimento", quindi non anche se si è dimesso. Questa la tesi della maggioranza, dopo di che bisogna andare a spulciare cosa dice esattamente il regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale.
L'articolo 6 parla delle varie ipotesi in cui presidente e vice cessano dalla carica, fra queste le dimissioni, come nel caso di Marraffino. È quindi specificato che la surroga, la nuova elezione, avviene nella "prima seduta successiva all'evento, che deve essere convocata dal vice presidente (…)". Letto così il regolamento sembra limitarsi a dire che il Consiglio è convocato dal vice e si rielegge il presidente appena possibile. Nessun accenno al fatto che nella stessa seduta non si possano trattare altri argomenti. I consiglieri di maggioranza hanno interpretato il regolamento a proprio piacimento?
Ma se così è stato, non potrebbe valere anche l'interpretazione data dalla minoranza e da Gianluca Monturano? "In caso di assenza o impedimento del presidente, le funzioni vicarie del presidente del Consiglio sono esercitate dal vicepresidente". Vicario, dal vocabolario Treccani, sta per esercizio di una funzione in sostituzione o in rappresentanza. E allora, il vice presidente può o non può sostituirsi al titolare della carica anche se questi si è dimesso? Le dimissioni costituiscono un impedimento? Andrebbero forse specificati i singoli impedimenti? Malattia, raffreddore, viaggio di piacere, viaggio di salute, portare a spasso il cane…
Di certo c'è che chi a suo tempo ha redatto il regolamento, poco più di dieci anni fa, non pensava che anni dopo i suoi successori si sarebbero arrovellati, incaponiti, su simili cavilli interpretativi.
Seconda questione: il numero legale per continuare c'era? Questione non di poco conto, perché per i sette di maggioranza (due li hanno persi com'è noto) significa la differenza fra il più colossale abbaglio mai preso nella politica locale e l'aver agito con piena cognizione di avere ragione. Detto altrimenti: se il numero legale c'era, hanno sbagliato i calcoli, hanno abbandonato la seduta convinti che il banco sarebbe saltato e con disappunto si sono accorti dell'errore troppo tardi. Se invece le cose stanno come sostengono nella nota, sapevano quello che facevano e a sbagliare è stato chi è rimasto in aula.
Nel documento citano l'articolo 38 del Testo unico, che a loro giudizio "parla di numero legale previsto per la validità della seduta (sottolineato nel documento n.d.r.)". In sintesi, scrivono i consiglieri di maggioranza, se occorre una maggioranza qualificata (due terzi) per eleggere il presidente del Consiglio, anche tutti gli ordini del giorno della stessa sessione richiedono tale maggioranza qualificata. Da qui la loro convinzione che una volta lasciata l'aula, i sei consiglieri rimasti non bastavano più per continuare. Tradotto ancora meglio: se c'è da eleggere il presidente, e per questo occorrono almeno otto consiglieri, durante quella stessa seduta anche per discutere interpellanze, votare mozioni ecc. ne occorrono otto.
Un'interpretazione che non incontra il favore dei sei consiglieri rimasti, quattro di minoranza, due ex di maggioranza. I quali nel documento sono chiamati a rispondere del proprio operato. E non si tratta di una critica politica, ma di ben altro. Aver proseguito i lavori dopo la mancata elezione del presidente si tradurrebbe in "un doppio vulnus (…) ascrivibile a responsabilità individuali che gli scriventi faranno valere nelle opportune sedi". Quali sono queste sedi si può dedurre continuando nella lettura, laddove si parla di "condotte irregolari, illegittime o addirittura illecite". Infine specificano di rimettere alla sindaca Contucci "la verifica dell'operato di quanti (…) possano aver favorito le denunciate condotte irregolari/illegittime o illecite".
Gli illeciti si discutono in Tribunale, si tratti di questioni amministrative o di altro tipo. Non è un'accusa da poco.
Eppure resta la domanda: al momento di lasciare l'aula i sei di maggioranza più sindaca avevano ben in mente questa loro interpretazione dell'art. 38 del Tuell, e perciò sono andati via, oppure hanno preso il più clamoroso degli abbagli nella politica montenerese almeno dal dopoguerra?
Nella foto il Consiglio dell'11 agosto 2023 con rimasti soltanto i quattro di minoranza e due ex di maggioranza
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