MONTENERO DI BISACCIA. "Sottrazione d’acqua a uno strato di terreno o a materie incoerenti che ne sono imbevuti, mediante speciali manufatti". Così il vocabolario Treccani alla voce "drenaggio", argomento d'attualità in queste due ultime settimane, dopo che un violento acquazzone ha messo fuori uso l'erbetta finta dello stadio De Santis. Ma si tratta di un problema solo di oggi? E quando c'era l'erba vera come andavano le cose?
Eccone una sintesi. Correva la fine del 2002 quando lo stadio comunale aperto da appena due anni manifestava i primi problemi di drenaggio. Non si chiamavano ancora bombe d'acqua, ma quegli acquazzoni oggi tristemente ricorrenti avevano cominciato a fare la loro comparsa. Un evento su tutti: il ponte sul Trigno sarebbe crollato di lì a qualche settimana per l'eccesso di precipitazioni.
Il De Santis, già considerato uno dei migliori in regione, diventava sovente inservibile in vari punti, particolarmente a centrocampo. Per il ritiro del fango, giacché l'erba in vari punti spariva e marciva, occorrevano più giorni e capitavano match dove i calciatori (all'epoca categoria Eccellenza) si sentivano un po' come i protagonisti della partita scapoli contro ammogliati di fantozziana memoria.
(lo stadio De Santis nel dicembre 2002)
Fu così che all'inizio del 2003 l'amministrazione comunale incaricò una ditta specializzata di provvedere lo stadio di ulteriori canali di drenaggio. Con una specie di motozappa sul campo furono scavate diverse mini trincee, larghe alcune decine di centimetri e profonde altrettanto. Il loro fondamentale compito: lasciar defluire l'acqua piovana. Ripiantata l'erbetta (vera), lo stadio dopo qualche settimana tornò ad essere fruibile.
(lavori nel gennaio 2003)
E furono anni fortunati e memorabili per il calcio locale e per i tifosi, forti di uno stadio che da allora funzionò, fu invidiato e implementato per ospitare anche un campionato di serie D, oltre che manifestazioni varie a carattere regionale e non. Le piogge violente eccome se arrivavano, ma il De Santis, tenace come il Vincenzo giocatore e podista cui si volle intitolarlo, non fu più chiuso perché il drenaggio funzionava.
Negli anni Dieci, ed è storia recente, fu il periodo peggiore, per la società di calcio e per lo stesso stadio. L'abbandono e la macchia mediterranea alta fino a metà porta al posto dell'erbetta erano la visione pietosa che appariva a chi sbirciava attraverso i cancelli. Poi la decisione di rinunciare all'erba vera in favore di quella sintetica, fino all'inaugurazione del settembre scorso con un raggiante Nicola Travaglini ormai a fine mandato. Era infatti la settimana precedente le elezioni comunali 2020, alle quali il sindaco uscente non avrebbe partecipato ma era chiaro come la luce del sole che appoggiava l'attuale inquilino di Palazzo di città , Simona Contucci.
Più che scontata l'accusa di cambiale elettorale presentata all'incasso.
Il "nuovo" stadio arrivava in un periodo difficile, proprio quando la pausa estiva della pandemia da Covid-19 era alle battute finali. Di nuovo chiusura, per mesi niente partite e né corsette (perché ora c'era anche la pista). Infine la ripresa primaverile, la speranza comune a tutto il mondo che si potesse finalmente tornare alla normalità , anche nella pratica sportiva. E poi ancora il mega acquazzone di metà luglio a guastare tutto: il materiale di intaso accumulato dappertutto, il campo inservibile e bisognoso di una speciale spazzolata, la pista anch'essa rovinata, le polemiche fra chi parla di danni tutto sommato limitati e rimediabili, e chi invece vede delle criticità che rendono lo stadio vulnerabile a ogni pioggia violenta. E poi la strana voce, smentita dal sindaco in ogni caso, che occorrerebbero cinquantamila euro per rimettere a posto l'erbetta sintetica.
Comunque vada, se il De Santis manifesterà ancora problemi di drenaggio, non basterà come diciotto anni fa una particolare motozappa. Quanto basta, pertanto, per ipotizzare che non finirà mai la disputa fra chi sostiene che era meglio lasciare l'erbetta vera e chi invece propende per l'attuale sintetico.
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