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Una valanga di candidati alle regionali: succedeva anche in passato

I sei attuali non rappresentano il record e l'eventuale elezione non sembra collegata al numero di competitori ma ad altri fattori

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MONTENERO DI BISACCIA. Sei non sono pochi, ma paradossalmente non rappresentano il record assoluto di candidati alle regionali nel centro bassomolisano. Perché per quanto possa apparire come una novità delle imminenti elezioni 2023, non lo è affatto il sovraffollamento di aspiranti consiglieri regionali. Lo dicono i dati storici che ci si appresta a ripercorrere e riassumere di seguito.
Occorre innanzitutto rilevare che fino agli anni Novanta candidarsi al Consiglio regionale del Molise era una sorta di tabù. Era infatti parecchio raro che un montenerese provasse il grande salto e per questo la disamina che segue parte dal 1995. Nicola D'Ascanio con l'en plein di preferenze fu il primo eletto nel suo partito (Pds, Partito democratico della sinistra). Era sindaco in carica, ma in tutta evidenza la maggioranza votò compatta per lui; divenne anche assessore regionale forte dei consensi avuti. Ma era l'unico candidato montenerese? Certo che no, perché se c'è da trovare uno spartiacque fra il timore e forse un'eccessiva leggerezza nel tentare la carta regionale, esso è proprio il 1995. Oltre a D'Ascanio furono in due: Vincenzo Del Grande (Popolari di ispirazione cristiana) e Mauro Natalini (Rifondazione comunista). Entrò solo il sindaco in carica.
Cinque anni dopo, nel 2000, cambiò il sistema elettorale e i candidati monteneresi diventarono quattro. Occorre però precisare che uno di loro, Domenico Porfido, faceva parte del listino maggioritario, vale a dire eletto automaticamente ma solo in caso di vittoria del suo candidato presidente. Andò così e per questo nella nuova legislatura Montenero ebbe due consiglieri regionali. Porfido (I democratici, con Antonio Di Pietro) e D'Ascanio (Democratici di sinistra, Ds). Erano candidati anche Giorgio Ferrara (I democratici) e Roberto Di Gregorio (Alleanza nazionale). In pratica l'avvento di Antonio Di Pietro in politica portava i primi frutti anche nel suo paese: da un lato una crisi amministrativa l'anno precedente, ma l'anno dopo l'elezione di un altro esponente in Regione, cosa mai avvenuta prima di allora.
Tuttavia quella legislatura durò poco, perché le elezioni del 2000 furono annullate l'anno seguente per vizi nella raccolta delle firme. Si tornò alle urne nell'autunno 2001 e i candidati furono ancora quattro, stavolta nessuno nel listino maggioritario, ognuno doveva trovarsi le preferenze, ognuno correva contro gli altri tre. Si trattò di Teresio Di Pietro (Cristiani di centro, Ccd-Cdu), Rolando Casimiro (Rifondazione comunista), Nicola D'Ascanio (Democratici di sinistra) e Domenico Porfido (Italia dei valori). Furono eletti, e confermati poiché uscenti, solo gli ultimi due, Montenero manteneva due consiglieri regionali.
Il 2006 fu l'elezione del record di candidati monteneresi. Difficile dire se fu il fatto di averne due in paese laddove per venti anni e passa era stato difficile anche solo sfiorare un'elezione in Regione, fatto sta che furono in sette a candidarsi. Michele Cistullo (Comunisti italiani), Alfonso Colameo (Democratici di sinistra), Antonino D'Antonio (Italia dei valori), Giuseppe Chiappini (La Margherita), Domenico Porfido (Forza Italia), Mauro Natalini (Rifondazione comunista), Enrico Ciangottini (Socialisti democratici italiani).
La spuntò solo Natalini e non perché fu il più votato, bensì perché nel suo partito, piccolo, di voti ne bastavano meno per avere un seggio. Così quando il candidato presidente del centrosinistra Roberto Ruta, sconfitto, si dimise, entrò l'allora assessore comunale e consigliere provinciale. L'Italia dei valori elesse anche nel 2006 un consigliere regionale, ma non a Montenero.
Dopo tanta sbornia di candidature la tendenza virò sensibilmente e così nel 2011 "solo" tre monteneresi ci provarono: Cristiano Di Pietro (Italia dei valori), Gabriele Assogna (La Destra) e Mauro Natalini (Sinistra ecologia e libertà). Andò bene solo al figlio d'arte Cristiano, primogenito del più noto Antonio: da tempo meditava di andare in Regione e i passaggi in Comune e Provincia si vedeva lontano un chilometro che erano una mal sopportata gavetta.
Anche quelle elezioni furono annullate, di nuovo per vizi nella presentazione delle liste e così si tornò al voto nel 2013. I candidati furono anche quella volta "soltanto" tre: Cristiano Di Pietro (Idv), Nicola Marraffino (Costruire democrazia) e Gianfranca Marchesani (Unione di centro, Udc). Entrò in Consiglio regionale solo Di Pietro, una sorta di canto del cigno. In quegli anni stava finendo la felice parabola di papà Antonio e Cristiano fece appena in tempo a farsi eleggere un'ultima volta. L'Italia dei valori sarebbe finita di lì a poco.
Nel 2018 i candidati furono quattro e stavolta, come nel 1995, a scendere in campo fu il sindaco in carica: Nicola Travaglini. Si propose per il grande salto nella lista dell'Udc. A competere con lui in paese un giovanissimo Gianluca Monturano e Pina Lezza, ambedue nel Movimento 5 stelle. Cristiano Di Pietro, da uscente ma senza più l'idv, tentava la carta con Unione per il Molise. A guastare i sogni regionali di Travaglini, in sostanza, fu da un lato un calo di popolarità di cui non dava segno di accorgersi, dall'altro l'effimera impennata di consensi del M5s. Nessuno dei quattro fu eletto.
Arriviamo così alle odierne elezioni regionali, quelle del 25 e 26 giugno 2023. I candidati monteneresi sono sei: Valentina Bozzelli (Alternativa progressista), Giulia D'Antonio (Partito democratico), Emanuela Del Gesso (Movimento 5 stelle), Nicolò Cavedo (Costruire democrazia), Fiorenza Del Borrello (Lista del presidente) e Tania Travaglini (Fratelli d'Italia). Se sarà eletto consigliere regionale qualcuno si vedrà, anche se è opinione diffusa che con voti così sparpagliati sarà difficile. Ma il dato da rilevare è che non è la prima volta che ci sono così tanti monteneresi a tentare la carta regionale o, come pensano i maligni, a caricare l'acqua al mulino di più blasonati esponenti per tornaconto politico strettamente personale.
Ricapitolando: 
1995 tre candidati uno eletto (33% di successo); 
2000 quattro candidati due eletti (50% di successo);
2001 quattro candidati due eletti (50% di successo);
2006 sette candidati un eletto (14,3% di successo);
2011 tre candidati un eletto (33% di successo);
2013 tre candidati un eletto (33% di successo);
2018 quattro candidati nessun eletto;
2023 sei candidati.
Conclusioni. La possibilità di mandare un montenerese a Palazzo D'Aimmo non sembra strettamente legata al numero di candidati locali, bensì ad altri fattori. D'Ascanio ci è sempre entrato con le sue forze e quando ci sono stati due consiglieri è stato possibile perché l'altro riusciva a farlo eleggere Antonio Di Pietro. Poi anche la stella di D'Ascanio si è appannata, basti pensare alle deludenti primarie per la candidatura a presidente di qualche anno dopo. Invece Natalini entrò con un colpo di fortuna, ma in maniera più che legittima, sia chiaro. Per le due riuscite di Cristiano Di Pietro non sarà blasfemia ribadire quanto detto poco fa: c'era papà Antonio con la sua Idv.
Da cinque anni non siede nessun montenerese nella massima istituzione molisana. E non ci sono più né sindaci capaci di farsi eleggere da soli, né Antonio Di Pietro con popolarità, carisma e corposo bagaglio di voti. Il tempo in cui Montenero era considerato la silicon valley della politica regionale è passato da un pezzo.

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