MONTENERO DI BISACCIA. Un qualcosa di talmente sconosciuto che si pensò alla guida vi fosse il demonio. Ebbene sì, sarà stato largamente prevalente l'entusiasmo, ma vi fu anche chi accolse con terrore l'avvento dell'automobile. Ed è un racconto che arriva da molto lontano, con una staffetta di testimonianze.
A Montenero la prima automobile fu acquistata dal commendatore Nicola Luciani a inizio Novecento. Era un possidente, industriale e anche sindaco per un periodo. Nella foto proposta lo si vede alla guida di una De Dion Bouton (casa automobilistica francese) in piazza Umberto I (oggi Giovanni XXIII), fra la chiesa di san Matteo e il suo palazzo (visibile a destra nella foto).
Come si può facilmente intuire dalla folla, si trattò di un evento unico, una sorta di festa. Luciani, con i tipici baffi a manubrio in voga ai tempi, appare raggiante in mezzo alla folla assiepata sui marciapiedi ai lati della piazza. Era appena uscito dal sontuoso palazzo, all'epoca ancora con un unico proprietario, cioè lui stesso. Tutti ad ammirare la macchina, la prima in paese. La più grande rivoluzione in tema di trasporti della storia dell'umanità approdava anche a Montenero. Un evento da non perdere. Eppure non tutti la pensavano così, anzi c'era chi ci vedeva un segnale apocalittico.
Ed è a questo punto che arriva il racconto di Giulia, classe 1940: "quass le port le dievəl!" (quella cosa è guidata dai diavoli!). Da piccola così sentiva raccontare a chi era più grande, che pertanto c'era quando le prime automobili erano arrivate a Montenero e aveva sentito di persona le esclamazioni di terrore di fronte alla nuova tecnologia. A spaventarsi erano soprattutto donne, nate nel secolo precedente e pertanto anziane durante le fasi finali della cosiddetta "belle époque". Vedevano quella strana carrozza, poiché le prime macchine ne erano diretta derivazione tecnica e stilistica, senza un cavallo che le tirasse. Eppure si muovevano ma non riuscivano a spiegarsi come: ci fu chi pensò a qualcosa di sovrannaturale. Come se alla guida ci fosse il diavolo in persona.
Dopo di allora anche Montenero ebbe una progressiva introduzione di macchine a motore, dai camion agli autobus, per esempio le linee Sabatino negli anni Trenta, e qualche rara auto privata.
La prima con Nicola Luciani e non fu l'unica innovazione che portava la sua firma. Fu lui infatti a dotare Montenero di energia elettrica, quando collegò l'illuminazione pubblica alla centrale che alimentava il suo stabilimento industriale (lanificio, pastificio, mulino, oleificio con vendite anche all'estero). Una figura con parecchie luci, ma anche delle ombre, forse inevitabili vista la potenza economica raggiunta: non tutti gli volevano bene, specie fra chi ne coltivava i terreni a mezzadria.
Morì settantenne nel 1919, solo due anni prima che un incendio riducesse in cenere – per sempre - il suo complesso industriale. Non assisté pertanto al declino che ne seguì, alla fine del sogno industriale montenerese (che era qualcosa di più di un sogno se i suoi pacchi di pasta arrivavano persino negli Stati Uniti). E comunque, alla guida della De Dion Bouton c'era lui, con i tipici baffi a manubrio, non "le dievəl".
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