Siluramento di assessori e azzeramenti di giunta: i precedenti a Montenero

A pochi giorni dal provvedimento choc di Simona Contucci, l'analisi degli episodi passati. Non sempre i sindaci ne hanno beneficiato, stavolta?

Rossano D'Antonio
05/08/2023
Politica
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MONTENERO DI BISACCIA. Sebbene mai allo stesso modo, e tanto meno come qualche giorno fa, non è la prima volta che a Montenero un sindaco revoca uno o più assessori. Dall'azzeramento totale, come adesso (link a fine articolo), alla messa alla berlina di un solo componente l'esecutivo comunale. Di seguito una disamina dei precedenti.
1965-66. Giuseppe Di Pinto è sindaco da pochi mesi quando è accusato in Consiglio comunale, dal suo assessore Gaetano De Risio, di irregolarità con diverse delibere di giunta. La sua reggenza, anche per questo motivo sarebbe durata ancora per poco, ma in questa sede interessa la sorte dell'assessore De Risio. Forse per ripicca, arriva una lettera che denuncia le sue assenze consecutive, ben oltre le tre considerate il massimo consentito. Si dimette poco prima che gli altri consiglieri lo dichiarino decaduto, contestando per altro la firma in calce alla lettera. Subito dopo cambiano completamente maggioranza e sindaco.
Nella foto: Giuseppe Di Pinto

1978. Luciantonio Sacchetti indossa la fascia tricolore da tre anni, è autoritario, autorevole, di aspetto severo, in quei difficili anni Settanta. Arrivato al potere grazie a un'insolita alleanza con i comunisti, lui che è della Democrazia cristiana, nel 1978 ritrova la quadra con un'altra lista civica centrista (Torre, di Antonino Vitulli) e per questo c'è da togliersi i compagni dai piedi. Si comincia con l'assessore Nino Di Gregorio, le cui assenze in giunta sono considerate troppe (sempre ben oltre la metà, dal 1975). Dal canto suo l'assenteista lamenta come le riunioni siano convocate all'ultimo momento, lui che è insegnante in provincia di Frosinone. La verità è che le forze centriste si stanno ricompattando dopo anni di divisione, i comunisti devono tornare all'opposizione. Di Gregorio è la prima "vittima". Va da sé che la Dc torna a litigare al suo interno molto presto, ma questa è un'altra storia.
Nella foto: Luciantonio Sacchetti

1991-92. Il sindaco è Nicola D'Ascanio, appena un anno prima ha conquistato con il suo solo partito, Pci, la maggioranza de seggi, undici su venti. La convinzione di tutti è che l'amministrazione tutta rossa durerà ben oltre il 1995, fine del mandato. Invece arriva l'imponderabile, il dissenso all'interno del Partito comunista stesso. Ben due assessori osano rivoltarsi contro il sindaco più acclamato di sempre a Montenero (fino ad allora). Un qualcosa di imprevedibile e inatteso. Nel provare a risolvere la crisi, che si trascina per mesi, D'Ascanio ne prova diverse, compreso il rimpasto di giunta. Per questo la azzera e prova a rifarla subito dopo l'Epifania del '92, precisamente l'8 gennaio. Per i tre dissidenti (Luca Palombo, Palmerino Natalini e Nicola Morrone) un posto da assessore ciascuno, ma non accettano, il giocattolo rosso si è rotto miseramente dopo nemmeno due anni. Si va al voto anticipato.
Nella foto: Nicola D'Ascanio

1999. Sandro Panicciari è il classico giovane formato alla scuola del Partito comunista (nel frattempo divenuto Ds dopo essere passato per il Pds): sa come funziona la macchina amministrativa e sa delegare. Non è particolarmente carismatico, ma al suo ingresso in amministrazione è evidente un cambio di passo. Sembra tutto perfetto, fin quando non cede alle sirene dipietriste (l'Italia dei valori del suo compaesano Antonio Di Pietro è appena nata) e inizia la sua rovina politica. Perde il sostegno della maggioranza e per dimostrare di essere ancora il capo decide di far fuori un assessore: Claudio Spinozzi. L'allora giovane con delega al Bilancio, oggi assessore allo stesso ramo, è revocato a giugno, solo lui, anche se Panicciari è ormai in rotta anche con il resto della giunta. La crisi va avanti per mesi, in quel tempo mettersi contro Nicola D'Ascanio significa morte politica quasi certa. Si avvicina la fine del 1999 quando Panicciari revoca altri tre assessori (Antonino D'Antonio, Mauro Natalini e Maria Teresa De Santis), praticamente azzera la giunta. Poco dopo la caduta amministrativa e il voto anticipato di un anno. L'altra volta tutta rossa, adesso di centrosinistra, cade l'amministrazione comunale quando nessuno pensa possa succedere.
Nella foto Sandro Panicciari

2007. In questo caso l'azzeramento di giunta assomiglia, benché alla lontana, a quello messo in atto da Simona Contucci qualche giorno fa. Il sindaco nel 2007 è da sette anni Giuseppe D'Ascenzo e a chiedergli di revocare l'assessora Valeria D'Ottavio sono gli stessi che l'hanno voluta lì un anno prima, vale a dire gli altri dipietristi che siedono in Consiglio comunale. Sono Antonino D'Antonio, Michele Borgia e Donato Benedetto. Da settimane chiedono che sia fatta "giustizia" dopo le elezioni regionali di novembre, quando Antonino D'Antonio ha mancato l'elezione ed è stato pesantemente attaccato, in pubblico comizio, dalla D'Ottavio. Giuseppe D'Ascenzo, da par suo, nicchia e fa finta che la cosa non lo riguardi. D'altra parte è da anni che la sua fortuna politica è direttamente proporzionale alla sfortuna del suo ex vice D'Antonio. Ma poi succede che i dipietristi fanno saltare il numero legale, si alzano e se ne vanno. Seduta sciolta, se ne parla giorni dopo. Ma ancora i quattro che vogliono vendetta dopo le regionali mostrano i muscoli e due dei sette ordini del giorno non li fanno passare (sono pur sempre consiglieri di maggioranza). D'Ascenzo sbotta, perde la calma e forse è la prima volta dal 2000 (ma non sarà l'ultima). E capendo che non la spunta, la giunta la infine azzera. Succede alla vigilia dell'Epifania del 2007. Nella nuova giunta sono confermati Adriano Potalivo e Giuseppe Di Pinto, mentre non c'è più la D'Ottavio. Il quarto elemento era Mauro Natalini, che è diventato consigliere regionale e pertanto ha nel frattempo lasciato il posto di assessore. D'Ascenzo, dal canto suo, finirà la consiliatura dovendo far fronte ad altri mal di pancia, si arrabbierà ancora ma resisterà, sebbene mettendo a sua volta da parte qualche appetito politico regionale.
La similitudine con l'azzeramento del 2023 è nel fatto che la "vendetta" arriva dopo una delusione alle elezioni regionali. La differenza è che oggi a mettere in atto la "vendetta" è stata la sindaca, l'altra volta un consigliere comunale, sebbene di peso e dal trascorso importante.
Questi i precedenti storici di siluramenti di assessori, a colpo singolo o a raffica, a seconda che il bersaglio fosse uno o tutto l'esecutivo comunale. Non sempre è servito e non sempre ne ha beneficiato il sindaco autore. Si vedrà stavolta.
Nella foto, al centro, Giuseppe D'Ascenzo durante la seduta in cui perse il numero legale

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