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Le occasioni perse da Montenero: dalla Regione al consigliere di parità

Quattro gli obiettivi mancati dalla politica locale negli ultimi due anni, quasi sempre a causa di lotte intestine al centrodestra. E altri centri, più piccoli spesso, ne beneficiano

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MONTENERO DI BISACCIA. Difficile dire se la concentrazione di occasioni perse dall'attuale maggioranza sia un record, certo ne sono parecchie. E in questa analisi non si terrà conto degli eventuali finanziamenti visti passare sotto gli occhi, benché in qualche caso avere un rappresentante nel posto giusto, al momento giusto, avrebbe potuto fare la differenza. Ma, appunto, quel rappresentante giusto nel posto giusto, per vari motivi ma sempre alberganti nel centrodestra locale, sono mancati.
In particolare sono quattro le occasioni fallite da Montenero e dal suo gotha politico negli ultimi due anni. Eccoli in ordine cronologico.
Nessun esponente in Provincia. Le elezioni si sono svolte a dicembre 2021, col sistema che da qualche anno non vede più come elettori i cittadini bensì gli amministratori comunali. Ciò che, in base a un sistema complesso da decifrare, ha però permesso di individuare a chi sono andati i voti dei consiglieri monteneresi di maggioranza. Ebbene, fermo restando la divisione in correnti che poi sarebbe sfociata in una vera e propria crisi, chi detiene il potere a Montenero contribuì all'ingresso in Provincia di Campobasso di quattro dei cinque che compongono la lista riferibile al centrodestra. Erano i sindaci di Tufara (793 abitanti), di Campochiaro (594), di Ripabottoni (443) e un consigliere comunale di Campobasso.
Il risultato del voto polverizzato e correntizio della maggioranza consiliare montenerese, in sintesi, si traduceva nella mancata elezione di qualcuno in Provincia. La seconda volta in sessanta anni, perché Montenero, prima del 2016, ha sempre avuto un provinciale. Poi, è evidente, ha cominciato a ingozzare con i propri consensi altri centri, più piccoli. Tant'è che quanto osservato in Provincia si verificherà ancora, ma procediamo con ordine.
La mancata nomina di un consigliere di parità. In questo caso la firma spetta al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ma l'indicazione è squisitamente politica, cioè molisana e, ragionevole supporre, montenerese nel caso. Il consigliere di parità è una figura cui spetta il compito di promozione e controllo dei principi di uguaglianza fra uomini e donne nel mondo del lavoro. Ci sono rappresentanti provinciali e regionali, non c'è una vera remunerazione economica, se non dei rimborsi.
Un professionista montenerese a fine 2021 aveva la concreta possibilità di diventare consigliere di parità per il Molise. A quanto pare aveva, oltre ai requisiti professionali, il sostegno della politica regionale che conta. E che anche allora era di centrodestra e a cui faceva riferimento la maggioranza montenerese. Qui come sempre bisogna affidarsi alle indiscrezioni trapelate dai Palazzi, montenerese e campobassano: pare che per la nomina del professionista mancasse solo il placet del centrodestra montenerese, vale a dire l'area di riferimento della maggioranza in municipio. Evidentemente non è arrivato il nulla osta, perché poi il ruolo di consigliere regionale di parità è andato ad altri. 
Ma a cosa sarebbe servito avere un montenerese in quel posto? Forse a nulla, o forse sarebbe stato un occhio in più, qualificato, sui bandi regionali e nazionali, per esempio il Pnrr, da cui attingere fondi. In sostanza, meno rischi di lasciarsi sfuggire opportunità di finanziamento. Hanno avuto la meglio le divergenze politiche, intestine, locali.
Ancora nessun eletto in Regione. Qui si arriva all'attualità, poiché le elezioni per il Consiglio regionale del Molise si sono tenute a fine giugno 2023. I fatti sono quelli fin troppo raccontati negli ultimi mesi. Della maggioranza consiliare si è candidata l'assessora Tania Travaglini, fiduciosa del consenso di tutta la coalizione. È ormai acclarato che la sindaca Simona Contucci abbia inizialmente dato il via libera ("fra tutti è la migliore" la frase esatta pronunciata il 19 aprile), poi ha spinto per una sua candidata, la consigliera futura assessora Fiorenza Del Borrello. Spaccatura plateale in maggioranza, due da una parte (la Travaglini e Andrea Cardinali), tutti gli altri contro (per quanto poi i loro voti non sono andati tutti alla Del Borrello). Alla fine il mero risultato elettorale ha premiato la candidata di Fratelli d'Italia, Tania Travaglini, ma da quel momento il red dot della sindaca è rimasto puntato su di lei fino a quando l'ha fatta fuori dalla giunta, a inizio agosto. 
Battaglia sorellicida a parte, il risultato è stato che Montenero non ha eletto nessun consigliere regionale. Come nel 2018. In questa sede non si considera lo schieramento opposto, il centrosinistra, che ha i suoi problemi ormai da oltre dieci anni e che non riesce ancora a risolvere, pare. Se si vuole qualcuno a Campobasso, occorre puntare sullo scacchiere conservatore. Ma questo ormai è anch'esso spaccato e i con i suoi voti ha contribuito all'elezione del sindaco di Petacciato Roberto Di Pardo. Oggi è il principale referente dell'amministrazione comunale, soprattutto della sindaca Contucci. Le telefonate sono praticamente continue, il neo regionale sa tutto del paese confinante più grande. E Montenero, ha così perso la terza occasione in due anni. Ma ce n'è ancora una.
La mancata elezione del presidente del Consiglio all'Unione dei Comuni. Occorre subito precisare che fra le quattro occasioni perse questa è probabilmente la meno importante. Chi presiede le assise dell'ente non ha praticamente potere, poiché le discussioni sono a carattere prettamente tecnico e i consiglieri si limitano di fatto a vigilare. Non bastasse, per quelli che amano monetizzare ogni cosa, non ci sono indennità. Divenuto sindaco il vecchio, c'era da eleggere il nuovo presidente all'Unione dei Comuni del Basso Biferno, di cui Montenero è uno dei nove componenti. Pare che intorno a Nicola Palombo ci fosse un consenso ampio, se non unanime. A corroborare ciò il fatto che da vice abbia diretto le ultime riunioni. D'altronde, per come è impostato lo Statuto dell'Unione, la presidenza va sempre a un membro che nel suo Comune sta in minoranza.
Il nyet a Palombo sarebbe arrivato nel comitato dei sindaci, che è un altro organo dell'Unione. Il tutto la settimana scorsa. In sintesi: per i consiglieri andava bene, quando si sono riuniti i sindaci no. Va da sé che fra i primi cittadini c'era anche Simona Contucci, che a Montenero è avversaria di Palombo. Ma, come detto, il presidente del Consiglio all'Unione è sempre uno di minoranza. Secondo indiscrete ma informate malelingue, il diniego sarebbe arrivato proprio dalla sindaca di Montenero. Piuttosto che dare il via libera a uno che non è di sua fiducia, meglio qualcun altro.
E con questa sono quattro le occasioni di rappresentanza sovra comunale perse in due anni. Ce ne saranno ancora?

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