MONTENERO DI BISACCIA. Una foto che non è difficile da datare, almeno per chi ricorda l'epoca in cui arrivò la prima importante innovazione nella raccolta delle olive. Attenzione: la prima innovazione dai tempi del famoso orto degli ulivi di cristiana memoria e quasi sicuramente anche oltre.
L'immagine è stata pubblicata ieri sulla pagina Facebook di Antonio Assogna, ciò che di fatto è la memoria storico-visiva di Montenero di Bisaccia da alcuni anni. Dodici persone, con ogni probabilità parenti fra loro, due soli maschi e il resto femmine intenti a raccogliere le olive. Inquadratura verticale della foto, probabilmente per riprendere le donne sulle scale o arrampicate sui rami, oltre che il maestoso albero di ulivo.
Osservando bene si nota come ogni donna sia munita di tascone (panarell in dialetto montenerese), che sarebbe una sorta di marsupio, cucito sulla gonna o portato a tracolla, su cui si facevano cadere le olive appena raccolte. Ed è questo che permette di datare la foto almeno a prima degli anni Settanta. Fino a quell'epoca – e da quando migliaia di anni prima l'uomo ha cominciato a nutrirsi di olio d'oliva – la raccolta avveniva con la tecnica della brucatura, da brucare: togliere le foglie o i frutti dal ramo facendo scorrere la mano dopo averlo stretto nel pugno (Treccani). Così per millenni, finché non arrivò la prima innovazione, dirompente quanto semplice: il rastrellino.
Erano gli anni Settanta e cambiò radicalmente la tecnica di raccolta delle olive e la velocità di esecuzione. Contestualmente ai rastrellini arrivarono pertanto le reti, da posizionare sotto gli alberi e su cui finivano le drupe che prima erano con cura fatte cadere nella "panarell". La foto pubblicata da Antonio Assogna pertanto è precedente, verosimilmente degli anni Cinquanta o Sessanta.
Ma il rastrellino come fu accolto? Ebbene, una caratteristica del mondo agricolo, ma non solo, è il sistematico scetticismo di fronte alle novità , salvo poi servirsi delle innovazioni e modernizzarsi con una velocità sconosciuta agli altri settori produttivi, quando un'innovazione funziona. E allora anche il rastrellino fu accolto negli anni Settanta con: ma che succede alla pianta? E tutte quelle foglie che cadono assieme ai frutti? E se l'anno successivo la pianta non ha foglie e non produce?
In sintesi, l'avvio non fu dei più semplici, ma tempo pochi anni e la "panarell" scomparve. I primi rastrellini erano a sette denti, subito aumentati a nove, e tali rimasti fino a quando sono stati usati. Fabbricati in tutti i colori, presto si dovette optare solo per quelli più sgargianti, poiché visibili una volta posati a terra. Un rivenditore di Montenero si trovò con invenduti diversi rastrellini di un improbabile marrone, che si costrinse a usare per sé, ingaggiando ogni volta una battaglia con i figli quando questi li lasciavano sulla terra e diventava un'impresa ritrovarli a causa del mimetismo cromatico.
Le reti erano viceversa un piccolo investimento, poiché costavano parecchio. I primi modelli erano del cosiddetto tipo a nido d'ape, color ocra, poco adatti al terreno pietroso o con arbusti; poi arrivarono quelli di colore verde "anti spina". Così come diversa era la qualità : le reti più economiche erano tirate fino a otto metri, e infatti al primo lavaggio si accorciavano; quelle migliori tessute con telai più capaci, ma che non avevano tutte le fabbriche.
Dagli anni Settanta si raccolsero così le olive almeno fino agli anni Novanta, quando arrivarono altre importanti innovazioni e, manco a dirlo, certo scetticismo iniziale.
Il primo scuotitore arrivò nel 1998 e fu a lungo oggetto di dibattito negli ambienti agricoli monteneresi. E non solo, perché in un paese che ha la bellezza di novemila ettari di terreno, anche di pregio, certi argomenti investono anche chi non è addentrato nella materia. Un po' come succede col calcio, a Montenero è impossibile non sapere come funziona l'agricoltura (per sommi capi), anche per chi fa tutt'altro. E allora il primo scuotitore fu discusso e parecchio.
Gli scettici superavano largamente i fiduciosi. L'anno dopo ci farete la legna con quegli alberi! E i frutti che non cadono? Li coglierete con il rastrellino??? E via dicendo.
Invece pochi anni dopo, dopo il Duemila, si videro molti meno sopraccigli inarcati quando arrivò l'abbacchiatore ad aria compressa. Forse perché più simile al rastrellino, forse perché più economico e quindi facile da provare, questo strumento annientò il predecessore completamente manuale e di fatto fece diventare la raccolta delle olive meccanizzata disponibile per tutti. Ancora oggi è il sistema più usato, almeno per chi ha piccole piantagioni, mentre i grandi produttori usano lo scuotitore. Ebbene sì, è sopravvissuto anch'esso.
Non bastasse, il periodo a cavallo fra gli anni Novanta e Duemila fu teatro di un'altra importante innovazione in campo oleario: il rimpiazzo dei vecchi frantoi a presse con quelli più moderni a ciclo continuo. E in quel caso la divisione fra conservatori e progressisti persiste ancora oggi: sebbene la continua abbia quasi annientato la vecchia tecnica, c'è ancora qualcuno che va in cerca di frantoi a presse nei paesi circostanti.
Questa la storia in sintesi della raccolta di uno dei prodotti più apprezzati della terra bassomolisana, chiamato olio di oliva, senza specificare extravergine, perché è assodato che lo sia. Un prodotto venduto in ogni parte d'Italia e che in loco è parte della storia e della cultura, comprese le battaglie fra scettici e innovatori di fronte alle novità .
Tornando alla foto storica, c'è un'altra grande differenza fra quell'epoca e oggi, oltre a tecnica, velocità di raccolta e qualità del prodotto (oggi nettamente migliore): ai tempi si misero in posa per la foto e sicuramente quando ricominciarono a raccogliere ripresero anche a chiacchierare. Oggi non è più così, nel bene e nel male.
Nelle foto: in alto lo scatto storico degli anni ‘50-’60 (archivio Antonio Assogna); nel testo: un moderno scuotitore (azienda Mastragostino, Mafalda), raccolta con i primi abbacchiatori negli anni Duemila, vecchio albero di ulivo con singolare forma dei rami