MONTENERO DI BISACCIA. Più croce che delizia e in questi giorni arriva la conferma, per quanto dalle parti del Palazzo si ostenti tranquillità nel godimento di vittorie al Tar e soprattutto concerti ed eventi estivi organizzati dal Comune. Da sempre l'acqua è un argomento importante, talvolta il più importante, dimenticato quando tutto va bene, ma che impiega un attimo a diventare allarme e proteste. E così, in questi giorni in cui la rete cittadina cede dappertutto, ecco l'occasione per ripercorrere nel corso dei decenni come si sono confrontate le amministrazioni con la più importante delle risorse per la sopravvivenza umana.
Nel frattempo, per tenere aggiornata la contabilità , le perdite ancora in corso sono due: una vecchia di un mese in via Argentieri all'incrocio con via D'Annunzio, l'altra ha "solo" alcuni giorni e si trova alla rotatoria vicino alla casa di riposo. In entrambi i casi devono esserci evidenti difficoltà nella riparazione, specie in via Argentieri.
Una serie di rotture distanziate di poche ore l'una dall'altra, dovute probabilmente al cosiddetto colpo d'ariete, la "botta" che dà alle tubature la riapertura del flusso, nonostante sia fatta gradualmente. Flusso chiuso e riaperto come in passato non succedeva, almeno il passato recente, perché quello più remoto, si vedrà fra poco, aveva ben altre criticità in tema acquedotto. Ne consegue che l'amministrazione di Simona Contucci è quella che sta chiudendo l'acqua più di tutte, nell'era post allaccio al Liscione, e quella che si sta confrontando con più frequenza di rotture, praticamente all'ordine del giorno. Monta la protesta, dal Palazzo come detto ostentano tranquillità , ci sono gli eventi estivi, c'è altro a tenere alto il consenso.
C'è chi dice che i soldi del Pnrr andavano spesi per l'acquedotto ormai vecchio ovunque, comprese le tubature principali che non si sa quanta acqua perdano (altro che stare attenti alle docce). La risposta abbastanza facile del Palazzo potrebbe essere che dei lavori sono in corso e altri sono stati fatti eccome. Ma nel frattempo il colpo d'ariete arriva ogni giorno. Ed ecco come le amministrazioni comunali nella storia recente si sono confrontate, spesso scontrate, col tema acqua a Montenero di Bisaccia.
L'arrivo dell'acquedotto. Se ne parlò la prima volta in Consiglio comunale nel 1952, sindaco Antonio Argentieri. Fino a quel momento l'acqua andava presa alle fontane, con la classica e spesso litigiosa fila in genere fatta da donne. Le più esperte riportavano a casa il tino pieno di acqua in equilibrio sulla testa. L'amministrazione chiese alla Cassa per il Mezzogiorno un finanziamento e nel 1953 si incaricò un ingegnere per redigere il progetto.
L'acquedotto arrivò infine nel 1962 e la dotazione consisteva in un solo rubinetto dietro l'ingresso dell'abitazione. Il costo dell'allaccio era di seimila lire (circa novanta euro di oggi). Fu una conquista di indicibili proporzioni.
Arrivato in paese, l'acquedotto fu pensato anche per le campagne, dove arrivò alcuni anni dopo.
Le difficili settimane negli anni Settanta-Ottanta. Si pensi che all'epoca c'era un assessore comunale che si dedicava quasi esclusivamente all'acquedotto. La rete c'era, ma spesso e specie d'estate aprendo il rubinetto si sentiva solo il terrificante soffio di quando non c'è acqua. Assessore e fontaniere si dividevano il delicato compito di gestire le aperture e chiusure nei vari quartieri. Le case dei monteneresi erano piene di recipienti e bidoni in cui fare scorta di acqua, quando tornava, e persino la vasca da bagno talvolta era usata per la bisogna. Capitava che l'acqua non corresse per giorni, anche più di tre. In questo periodo a Montenero quasi ogni casa installò una cisterna autoclave in cui immagazzinare la preziosa risorsa.
E le rotture? Si verificavano già allora, l'acquedotto cominciava ad avere qualche annetto, ma certo non (ancora) con la frequenza di questi giorni.
La svolta del 1994. Chiesto otto anni prima, arrivò infine l'allaccio alla rete idrica proveniente dalla diga del Liscione (lago di Guardialfiera). Il problema dell'acqua era risolto, davvero, anche se c'è stato chi ha lamentato il cattivo sapore dell'acqua lacustre. La quale, sia chiarito per l'ennesima volta, era (ed è, quando talvolta arriva ancora) perfettamente potabile, altrimenti non sarebbe immessa nella rete. Magari non buona di sapore, ma potabile senz'altro, da sempre.
La mancanza di acqua a Montenero diventò così un ricordo, anche se ogni tanto sarebbe ancora capitato di restare a secco, per problemi vari come le rotture o guasti alle pompe.
E se al posto di quella di lago avessimo l'acqua di sorgente? L'acquedotto molisano centrale fu concepito dall'allora presidente della Regione Florindo D'Aimmo nel 1980. Nel 2011 a Montenero è annunciato che sta per arrivare, entro l'anno successivo dicono. Non andrà così, per avere l'acqua di sorgente al posto di quella di lago bisognerà aspettare ancora una decina di anni. E quando succederà non se ne accorgerà nessuno, nonostante un articolo di Monteneronotizie. D'altronde, ancora oggi se non basta il molisano centrale si miscela con una quantità marginale di acqua del Liscione.
I sindaci e le grane dovute all'acqua
Per Antonino Vitulli, Luciantonio Sacchetti, Armando Benedetto e Nicola D'Ascanio il problema principale è stato di gestire la carenza di risorsa idrica. E così in municipio era un via vai continuo di persone, a volte imploranti a volte arrabbiati, per chiedere quando sarebbe tornata l'acqua. Il telefono si usava poco a quei tempi e non erano contemplate le telefonate da parte degli amministratori, che oggi arrivano ai cittadini anche quando non le desiderano affatto. Ad annunciare che sarebbe stata chiusa l'acqua era la Fiat 127 dei Vigili urbani cui erano montati gli altoparlanti sul tettuccio.
Le rotture, come accennato, capitavano già , ma non con la frequenza di oggi. Se non altro, la rete aveva meno anni.
Qualche problema di altro tipo fu invece incontrato da Giuseppe D'Ascenzo (2000-2010). Per esempio qualche volta dovette vietare l'uso di acqua alla Marina (che ha una rete diversa dall'abitato) per dei valori sospetti. Oppure quando nel marzo 2006 uscì a più riprese, per oltre due settimane, l'acqua torbida dai rubinetti. Alla fine si scoprì la causa: una frana in contrada Sterparone, parte alta dell'agro a sud dell'abitato, dove passa la condotta principale ancora oggi.
Quando D'Ascenzo si avviava a completare il secondo mandato, in sintesi a fine carriera da sindaco, ebbe a che fare con interruzioni che riportarono la memoria dei monteneresi indietro di anni. Anche tre giorni senz'acqua per la rottura delle pompe che da sotto Guglionesi spingevano (e spingono) il liquido verso il serbatoio di Montenero (in contrada Sterparone, un nome che vale la pena di ricordare).
Nella foto da sinistra: Antonino Vitulli, Luciantonio Sacchetti, Armando Benedetto e Nicola D'Ascanio
In municipio arriva nel frattempo Nicola Travaglini e l'inizio difficile sembra far presagire che per lui l'acqua sarà un problema più che per il predecessore. È infatti in carica da qualche mese quando dà disposizione per razionarne l'uso, un qualcosa che negli anni a seguire andrà in crescendo, fino a oggi, come si può osservare. Ma il vero problema legato all'acqua per Travaglini sarà un altro: nel dicembre 2010 sono rilevati valori anomali di trialometani. Alla minoranza dipietrista non basta il divieto di utilizzo, a suo giudizio arrivato con colpevole ritardo. Comincia una querelle infinita, che approda infine in Tribunale con una causa collettiva. Finirà molti anni dopo e, fra mille vicissitudini che si accavalleranno a quelle che porranno fine al partito promotore, l'Italia dei valori, si tradurrà in un nulla di fatto. Nessun risarcimento per i cittadini.
Una class action che ha forti significati politici tuttavia: a promuoverla a Montenero sono soprattutto l'allora esponente politico in Comune e Regione Cristiano Di Pietro e, attenzione, Simona Contucci. Vale la pena di ricordare che quando quest'ultima cambia schieramento e entra nel 2015 in lista con l'ex avversario, cioè Nicola Travaglini, la class action è ancora in essere. Detto in maniera più semplice: si alleano quelli che fino a poco prima si sfidavano in Tribunale.
E difatti quando la causa collettiva finirà , come detto in un nulla di fatto, tutti si guarderanno bene dal parlarne visto che nel frattempo da "nemici" sono diventati amici (non durerà per sempre, ma questa è un'altra e più attuale storia).
Arrivando all'attualità , è oggi Simona Contucci a dover affrontare una raffica di rotture alla rete forse senza precedenti, sicuramente di frequenza più che insolita. Ogni giorno il Comune annuncia che c'è crisi idrica e che occorre chiudere per rimpinguare le riserve. Ma quando riapre c'è qualche rottura che disperde acqua da un mese, la quale rende grottesco invitare i cittadini alla parsimonia. Non bastasse, arrivano notizie di perdite annose alla condotta principale (la famosa contrada Sterparone). E riparare questa è oggetto di un dilemma: non sarà più usata quando l'acquedotto molisano centrale sarà completato e quando, in sintesi, non servirà più pompare da Guglionesi perché il liquido arriverà per caduta dal Matese. In altre parole riparare oggi in contrada Sterparone potrebbe voler dire mettere mano a qualcosa che fra non molto non servirà più. Ma è forse la stessa rete la cui inaugurazione fu annunciata per il 2012 e che invece è stata aperta, parzialmente, solo dieci anni dopo e ancora si attende che sia completata?
Nella foto: da sinistra Giuseppe D'Ascenzo, Nicola Travaglini e Simona Contucci
Nella foto in alto lavori di riparazione all'acquedotto in via Argentieri nei primi anni Ottanta

