MONTENERO DI BISACCIA. Guardata oggi quella foto può apparire come la quiete prima della tempesta, anzi di due tempeste: una locale l'altra nazionale. Il congresso cittadino del Partito comunista si tenne infatti a fine gennaio 1989, un anno fondamentale, carico di novità e preoccupazioni. E succedeva proprio quando il Pci a Montenero si trovava nel suo momento migliore, di sempre. L'occasione per ripercorrere quel pezzo di storia recente arriva ancora una volta da alcune foto pubblicate da Antonio Assogna sulla sua pagina Facebook, nello specifico si tratta di scatti fatti a suo tempo da Carlo Caserio.
Il 29 gennaio 1989 il Pci montenerese era al potere in municipio da quattro anni e mezzo. Suo era anche il sindaco Nicola D'Ascanio (al centro nella foto). Il partitone rosso era arrivato al dominio del Palazzo tramite l'alleanza con una lista civica centrista, Spiga, entrata in dissenso con la Democrazia cristiana di cui era parte. Un centrosinistra ante litteram, o un compromesso storico a scoppio ritardato, per altro cosa già avvenuta anni prima a Montenero. Pertanto in quel gennaio di fine anni Ottanta il Partito comunista si presentava più forte che mai, con consensi in crescita, Nicola D'Ascanio sindaco dalla popolarità raramente osservata da queste parti. Cosa vuoi di più dalla politica?
È ragionevole supporre che nel congresso sia stato dato ampio spazio a quanto fatto, tessute le lodi dell'amministrazione comunale progressista e democratica (c'era già nella sinistra il vizio di ritenersi detentori esclusivi della più alta forma di partecipazione politica). Ed è qui che diventa fondamentale la data, perché nel gennaio 1989 non potevano immaginare quel che sarebbe successo di lì ad alcuni mesi sia a Montenero, sia in campo nazionale. Ed ecco cosa accadde.
A Montenero di Bisaccia. Nel gennaio 1989 si era da poco tenuto il festival canoro nel palazzetto dello sport, dove i maggiorenti del Pci erano ospiti d'onore, in prima fila, pronti a premiare i giovani cantanti locali e non. Così iniziò il congresso cittadino di partito, con l'eco di quelle belle canzoni e gli anni Ottanta da lasciarsi alle spalle con la soddisfazione di aver finalmente reso democratica (di nuovo) e progressista Montenero. L'evento si tenne in un ristorante che non c'è più da qualche anno, presente una folla che per radunarla oggi occorre un big di livello nazionale (in politica o in altro ambito). Tavolo dei relatori in fondo alla sala, coperto da un drappo ovviamente rosso e al centro lo storico simbolo di partito: falce e martello. Eppure qualcosa stava per succedere.
La crisi in amministrazione comunale arrivò qualche mese dopo: la Spiga tornò nella sua sede naturale, vale a dire la Democrazia cristiana. A quel punto andava tolto l'appoggio dato negli ultimi quattro anni ai comunisti, fine del centrosinistra ante litteram o del compromesso storico a scoppio ritardato. Il 21 maggio 1989 la crisi esplose in Consiglio comunale, con l'uscita dalla maggioranza di tre della Spiga (Armando Benedetto, Giuseppe Pezzotta e Pasqualino D'Ascenzo). Rimase con Nicola D'Ascanio invece Marcello Borgia, che sarebbe uscito poco dopo dalla scena politica, ma che avrebbe difeso quella scelta per sempre.
Si andò avanti incespicando fino al 3 luglio, quando il sindaco, ormai senza maggioranza e con l'attività amministrativa paralizzata, si dimise. Per farlo aveva aspettato che si tenessero le elezioni europee (18 giugno 1989), dove il Pci aveva trionfato. Voleva la conferma che i monteneresi fossero dalla sua parte, come sarebbe accaduto l'anno successivo. Ma questa è un'altra storia, così come lo è che nel congresso di inizio 1989 D'Ascanio sedesse accanto al suo (allora) fido assessore Palmerino Natalini. Buoni rapporti che si sarebbero interrotti meno di due anni dopo.
Nicola D'Ascanio, nel suo recente libro "Un paese. Da periferia a bene comune", ripercorre quelle vicende. "Ribaltone ad opera della Dc di minoranza che, vedendosi allo sbando, reinserì tra le sue fila i tre consiglieri della Spiga di grano, sottoponendoli ad una catarsi esistenziale mediante purificazione dalla contaminazione dovuta alla loro audacia di avere sostenuto un sindaco comunista nei lunghi quattro anni e mezzo di legislatura". Questa la descrizione, che richiede più di una lettura, ma che allo stesso tempo descrive efficacemente come l'allora sindaco e futuro consigliere regionale, presidente di Provincia ecc. prese la riunificazione dei moderati.
Tornando al congresso di inizio 1989, l'atmosfera era di entusiasmo, per un partito che sebbene avesse spesso partecipato alle maggioranze monteneresi, per la prima volta era davvero predominante, egemone. Eppure, come talvolta accade, nuvole nere si prospettavano all'orizzonte. Non solo a Montenero.
In campo nazionale. Occorre ricordare che nel gennaio 1989 nessuno, dicasi nessuno, poteva prevedere che mesi dopo sarebbe andato giù il muro di Berlino e sarebbe entrato in crisi il sistema comunista mondiale. Il Pci, così come Lenin, Stalin ecc. erano qualcosa di intoccabile, incrollabile, inscalfibile. Credevano almeno. Montenero certo non faceva eccezione, specie quando era arrivato a conquistare il municipio e vedeva i consensi crescere. Ne deriva che nel congresso immortalato nella foto non si poteva certo pensare, oltre che alla crisi locale che di lì a poco si sarebbe manifestata, alla tempesta che si sarebbe abbattuta sul comunismo mondiale e, di riflesso, su quello italiano.
Nel febbraio 1989 Giorgio Napolitano cominciò a parlare dell'eventualità di un cambio di nome del Partito comunista italiano, ma il dibattito diventò più serio soltanto nel novembre dello stesso anno. Pochi giorni dopo la fine del muro di Berlino, che piaccia o no era - e resta - uno dei simboli più importanti della dottrina comunista. Lo chiamavano muro antifascista, ma di fatto era un muro comunista.
Tornando a Montenero, in quel gennaio di fine decennio non si potevano prevedere simili sconvolgimenti, locale con la crisi in Comune e nazionale col tramonto del mito sovietico. Ma come ne uscì il Pci montenerese? Si direbbe bene, sia pur con alcune turbolenze negli anni immediatamente seguenti. Ma questa, come si suol dire, è un'altra storia, da raccontare magari quando usciranno altre foto storiche di quel periodo.
Nella foto da sinistra: Roberta Carosella, Palmerino Natalini, Antonio Guida (avvocato), Nicola D'Ascanio (sindaco), Galileo Casimiro, Maria Teresa De Santis