MONTENERO DI BISACCIA. Quando fu costruito nel 1967 fu chiamato "aia per bambini", i lavori di riqualificazione iniziati in questi giorni diventano occasione per ripercorrerne la storia. Parliamo del campetto Belvedere, come in seguito è stato chiamato in omaggio alla vicina e omonima parte di Villa comunale, struttura centrale per Montenero non solo per la posizione, ma anche per l'utilità dimostrata da quella lontana idea dell'amministrazione comunale di cinquantaquattro anni fa.
Da allora generazioni di monteneresi vi hanno giocato a un forse improbabile quanto divertente calcetto, oltre a ospitare eventi sportivi e culturali di ogni genere, come i tornei di tressette. Negli anni è cambiato rispetto a quell'aia per bambini concepita molti anni prima ed eccone per sommi capi la storia.
Come detto bisogna tornare indietro fino al 1967 per trovare la delibera di Consiglio comunale che trasformava un'area non ancora urbanizzata, probabilmente usata come tratturo fino a qualche anno prima, in uno spazio dedicato ai più piccoli. Era ancora l'epoca in cui si giocava a pallone nel primo tratto di via Argentieri, dove oggi passano anche quaranta auto al minuto nelle ore più trafficate. All'epoca i bambini, visibilmente scocciati, dovevano fermarsi, togliere le pietre usate a mo di pali per la porta e far passare il poco gradito quanto raro automobilista che li costringeva a interrompere la partita. Così la costruzione del Belvedere fu manna dal cielo.
Negli anni Settanta e Ottanta ha ospitato tornei di pallavolo, anche d'inverno e nella zona più esposta ai due principali – e freddi – venti settentrionali. Ma anche il mini calcetto, con le porte piccole e senza portiere perché il campo era troppo piccolo. Mentre l'Italia trionfava ai mondiali di Spagna, al Belvedere si imitavano in piccolo le gesta di Tardelli e Rossi. La finale disputata sempre fra le due finaliste sponsorizzate dai due bar più nuovi del paese, i primi con target di clientela più giovane e a osare nella rinuncia al servizio passatella.
Questo nelle sere d'estate, ma il Belvedere era ogni pomeriggio il ritrovo preferito di orde di ragazzi che si sfidavano a calcetto, senza arbitro, con le squadre estratte a sorte e per chi era troppo schiappa l'unica speranza era portare il pallone (merce rara un tempo), per essere inserito di diritto in una delle compagini. Ed era anche l'epoca in cui l'acqua mancava per giorni, così dopo una bella sudata quei ragazzi trovavano sovente la fontanella della Villa comunale a secco. Comprare l'acqua al bar non era nemmeno contemplato.
Nel 2000 infine il progetto più audace: realizzare sotto il campetto un parcheggio. La struttura fu sterrata completamente, per poi essere ricostruita come la si vede ancora oggi: due piani adibiti a parcheggio e sopra il campetto. In quei lavori furono salvati anche gli alberi dei rosari (melia azedarach) che circondavano il vecchio campetto: sradicati e ripiantati non più all'interno, ma all'esterno, lungo il marciapiede. Un omaggio a fruitori ormai cresciuti del Belvedere di un tempo, che oltre a giocarci a calcetto usavano i frutti degli alberi dei rosari, pallini verdi di un centimetro di diametro, quali proiettili per cerbottane improvvisate con tubo di plastica per impianti elettrici.
Ma come detto, in oltre mezzo secolo ha ospitato anche eventi diversi dallo sport, come tornei di tressette, serate danzanti, sagre ecc. Col senno del poi è più che ragionevole affermare che quell'idea del 1967 è stata buona. Lunga vita ancora al campetto Belvedere.