Partecipa a Montenero Notizie

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Nostalgia del Covid nella sala consiliare. Il minuetto di Donato Montecaster

A oltre due anni dalla fine di ogni disposizione campeggia ancora il cartello dimenticato con l'obbligo di mascherina dove si riunisce il Consiglio comunale e si tengono eventi culturali

Condividi su:


MONTENERO DI BISACCIA. Sarà la nostalgia verso qualcosa che ha significato inaspettata popolarità, oltre che potere smisurato. Sarà che così in alto è fuori dal tipico layout mutuato dal commercio, vale a dire fin dove normalmente si guarda. Fatto sta che la mascherina non è più obbligatoria al chiuso almeno dall'estate 2022, ma davanti alla sala consiliare c'è ancora il cartello che intima di indossarla. Ebbene sì, è rimasto lì da quando c'era l'emergenza Covid, incravattato al palo zincato da 60. Va da sé che da un bel po' non la indossano più consiglieri comunali e spettatori, quando ci sono eventi di altro genere, per esempio culturali. Eppure il cartello è ancora lì, di colore marroncino e nemmeno scolorisce.
A suo tempo la pandemia ha rappresentato per amministratori comunali di tutta Italia, sindaci in testa, una ventata di inattesa popolarità. Sembrava che di colpo oltre a essere in grado di decidere quale strada riparare, i sindaci fossero diventati non si sa come (ancora oggi) capaci di fermare la pandemia. La pratica spesso si traduceva in ordinanze da dimenticare, oppure in atteggiamenti sceriffeschi quando sgridavano i cittadini indisciplinati, spesso e volentieri senza motivo. 
A Montenero Nicola Travaglini a fine mandato, e afflitto da un certo declino di popolarità, di colpo si riebbe, tanto da pensare di ricandidarsi (a consigliere, non poteva più da sindaco) pur avendo annunciato poco prima del Covid di volersi fare da parte. A impedirgli di rimanere in amministrazione pare sia stata la stessa candidata che pure lui appoggiava e che di lì a poco ne avrebbe preso il testimone, Simona Contucci. E anche la prima sindaca donna di Montenero ha beneficiato nei primi due anni di mandato della popolarità e del potere garantito dal Covid. Per altro la pandemia era diventata la scusa per giustificare qualsiasi cosa non funzionasse o fosse fatta in ritardo. Passati i due anni, finita la popolarità covidiana, anche per la Contucci pare siano iniziate le difficoltà. Più di qualcuna, ma questa è un'altra storia, o meglio è attualità.
E allora, il segnale covidiano scaduto e senza alcun valore legale, fuori tempo, perché è ancora lì quando non serve da almeno due anni. Per una sorta di nostalgia o perché così in alto sfugge a tutti? Chissà, ma nel frattempo ci si permette di suggerire come rimuoverlo, se la nostalgia dovesse passare. 
Il cartello covidiano è assicurato al palo da 60 con un cravattone fissato con due bulloni da 8 millimetri. Ne va che la chiave da usare è una 13 e, visto lo spazio disponibile, dovrebbe andar bene di ogni tipo: poligonale, combinata, a forchetta, a tubo oppure con cricchetto e bussola.
Tempo di lavoro stimato: dai quattro ai sei minuti, posizionamento della scala per arrivarci compreso. Ma nel caso fosse davvero nostalgia, sarà il caso di richiamare a cantare la famosa canzone Sandro Giacobbe, che nel 1991 la intonò a pochi metri di distanza alla festa patronale.




 

Condividi su:

Seguici su Facebook