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Montenero in Abruzzo, sarebbe facile il passaggio? E chi ci guadagnerebbe?

Dopo il sondaggio votato dai lettori l'analisi di un argomento pluri decennale. Ma quanto avvenuto altrove non è incoraggiante

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MONTENERO DI BISACCIA. In Abruzzo subito! Anzi, va bene pure solo Montenero! O ancora, ma solo per pochissimi, persino l'annessione a San Salvo, con conseguente sparizione come entità comunale. I risultati del sondaggio proposto da Monteneronotizie la settimana scorsa, per quanto non avente validità statistica e suggerito dal recente dibattito sull'ipotesi di unificazione del Molise con Benevento, conferma ciò che si sente ripetere da decenni: molti vorrebbero essere parte della regione confinante. Ma non verso la Campania, almeno qui sulla costa, bensì guardando a nord. Ma è così facile? Basta davvero iniziare con una raccolta firme, che naturalmente dovrà essere qualcun altro a organizzare? Le cose non sono così semplici, gli esempi non mancano e si consiglia di continuare la lettura per avere le idee almeno più chiare. Per scoprire, in sintesi, che la faccenda è abbastanza complicata. Diciamo pure molto.
Il primo quesito del sondaggio riguardava la riunificazione di entrambe le regioni, Abruzzo e Molise, come erano prima del 1963. Ha risposto affermativamente il 41,4 per cento (98 voti), mentre per l'11,8 le cose possono rimanere così come sono (28 voti). Per la fusione devono essere d'accordo tanti di quei Consigli comunali e soprattutto i lautamente retribuiti consiglieri regionali. Non lo faranno mai, si ridurrebbero in numero dopo la fusione. Meglio analizzare le altre ipotesi, vale a dire il passaggio della sola Montenero di Bisaccia.
Passaggio di Montenero in Abruzzo restando Comune autonomo. La materia è regolata dall'articolo 132 della Costituzione e prevede che sia indetto un referendum. Se vince il sì la proposta di passaggio ad altra regione deve essere vagliata da entrambi i Consigli regionali, infine approvata dal Parlamento. Attenzione a questo particolare nelle prossime righe. Nel sondaggio il 41,8 per cento (99 voti) si è espresso per questa ipotesi "egoistica": basta che passa Montenero non mi importa cosa vogliono fare gli altri comuni molisani, in sostanza. 
Ma com'è andata in altre parti d'Italia dove ci hanno provato? E' una via percorribile? Ecco alcuni esempi e dati.
Dal 2005 sono stati 36 i tentativi in tutta Italia, con concentrazione quasi esclusiva al Nord. Solo in 15 casi ha vinto il sì ed è stata avviata la procedura di aggregazione ad altra regione. Ma solo quattro sono andati a buon fine, con tempi molto diversi tra loro. Dai soli tre anni per l'Alta Valmarecchia (domanda collettiva di più Comuni) ai quattordici di Montecopiolo e Sassofeltro, tutti da Marche a Emilia Romagna. E a parte questi solo un altro Comune dopo il sì ha visto concretarsi il passaggio, nel Veneto, con Sappada che in nove anni è riuscita a diventare friulana.
Le altre undici richieste, la stragrande maggioranza, sono rimaste lettera morta nonostante il sì dei cittadini e per vari motivi. Non ultimo la mancata accettazione della regione che si voleva abbracciare, come nel caso di Lamon, primo Comune a chiedere il passaggio, cui il no del confinante Trentino può richiamare il Fantozzi che rifiutato dalla signorina Silvani torna mogio mogio da Pina. D'altronde il passaggio da Veneto a Trentino, il più gettonato, non è riuscito a nessuno finora.
Gli intoppi non riguardano solo i dinieghi, ma anche se non soprattutto l'impantanarsi della procedura una volta che approda a Roma, come i casi veneti che attendono da anni un parere del Parlamento. Arriverà mai? C'è chi aspetta da oltre quindici anni.
Ed è dal 2008, con Sappada, che il passaggio non riesce più a nessuno. Invece l'ultimo referendum si è tenuto nel 2020 in Abruzzo (ebbene sì, anche lì), con Valle Castellana che avrebbe voluto passare nelle Marche, ma ha vinto il no.
Ultima ipotesi e domanda del sondaggio: annessione di Montenero di Bisaccia a San Salvo. In questo caso solo il 5,1 per cento (12 voti) ha scelto l'opzione che conteneva un'evidente provocazione. E' ragionevole ipotizzare che la più grande San Salvo mai acconsentirebbe a una fusione, con nome per altro lunghissimo a quel punto, e di conseguenza con l'annessione Montenero cesserebbe di essere comune autonomo e diverrebbe di fatto una frazione della città oltre Trigno. San Salvo ha allo stato una sola frazione, la sua Marina, pertanto Montenero ne diverrebbe una corposa costola distante 12 chilometri. A quel punto per eleggere tre dei sedici consiglieri comunali occorrerebbe un voto mirato e non dispersivo, cosa tutt'altro che scontata al di qua del fiume.
Ma chi ci guadagnerebbe? Prima di rispondere "Montenero!" gridando a squarciagola e facendo sospettare anche un certo autolesionismo, vale la pena di riflettere e leggere i dati. E va fatto prima di valutare gli ipotetici vantaggi. Perché se i vantaggi sono ipotetici, ciò che Montenero darebbe a San Salvo è perfettamente misurabile, ossia pesabile. Ecco i dati.
E' vero che l'industriale e turistica San Salvo è più ricca (reddito Irpef di 10349 euro contro 9841 nel 2016, dati comuni-italiani.it), ma Montenero ha un territorio quasi cinque volte maggiore (93 kmq contro 19,5). Ed è quasi tutto seminativo. Ne consegue che San Salvo vedrebbe moltiplicata in un attimo la produzione agricola, con l'afflusso di svariate migliaia di tonnellate di grano prodotte nel centro confinante, oltre che migliaia e migliaia di quintali di olive e tanto altro. Passerebbe dall'attuale 201° posto in fatto di superficie al 6°, supererebbe Atessa mentre adesso è sotto Ripa Teatina. Il suo tratto di costa quasi raddoppierebbe, superando i dieci chilometri. Il suo peso in Abruzzo cambierebbe? Oltre che rilevante centro industriale, San Salvo diverrebbe una ben più importante realtà agricola? Pare di sì. E allora, a chi converrebbe l'annessione, oggi? 
Forse bisognava essere in Abruzzo negli anni Settanta e Ottanta, quando la legge Galasso bloccava solo la Marina di Montenero. Dipese da una miope politica protezionistica targata Termoli prima e da certa prudenza ai limiti della pavidità ideologia delle allora amministrazioni comunali, specie di sinistra. Ma quel tempo è passato. Restano i sogni di chi pensa che cambiando i dati sulla carta di identità tutto si sistemi. E sognare, in fondo, non costa nulla. Ma se si vuol restare svegli, le aggregazioni previste dall'articolo 132 della Costituzione non riescono più da un bel po'.
Nell'immagine: in rosso il territorio di San Salvo, in verde quello di Montenero di Bisaccia

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