Quaranta anni fa nasceva la zona insediamenti produttivi di contrada Canniviere

La storia dell'area dedicata alle imprese di Montenero di Bisaccia: la strada mai realizzata fino al fiume, ma anche i "robusti cavalli" pronti a tirare il pesante carro e mandare avanti l'economia cittadina

Rossano D'Antonio
07/08/2024
Cultura
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MONTENERO DI BISACCIA. Solo qualche anno prima il commissario prefettizio voleva farci il nuovo stadio, ma quel chiaro sconfinamento di competenze fu subito fermato. E così, qualche anno dopo, contrada Canniviere fu individuata come zona per gli insediamenti produttivi. Compie quaranta anni in questi giorni il provvedimento varato dall'amministrazione comunale all'epoca guidata da Armando Benedetto. 
Il professore di lettere era a capo di una coalizione interamente centrista, Democrazia cristiana più lista civica a essa riferibile. Un anno prima della fine del suo mandato, uno dei pochi a durare l'intero quinquennio a Montenero nell'epoca ante elezione diretta, dava il via libera alla zona Pip (Piani insediamenti produttivi). Spesso sarebbe stata chiamata impropriamente zona industriale, che è tutt'altro, ma di certo fu una svolta per Montenero. E in occasione del quarantennale si vuole ripercorrerne in breve la genesi, lo sviluppo, ma anche il parziale ridimensionamento odierno. Nonché un fatto di cronaca che sconvolse non poco la comunità e anticipò una pratica che in seguito sarebbe diventa prassi: il Comune che rinuncia praticamente a fornire i servizi con mezzi e personale proprio, in favore di privati. Nel bene e nel male.
I primi provvedimenti concreti per dotare Montenero di Bisaccia di una zona Pip, vale a dire quella parte di Piano regolatore dedicata alle imprese, arrivarono nell'agosto del 1984. In un paese che all'epoca pullulava di imprese artigianali, e da poco stava conoscendo un rapido sviluppo del settore tessile, le sedi erano dislocate su tutto centro urbano: dalla Madonna di Bisaccia alla periferia di allora, vale a dire la parte finale di via Argentieri. La zona Pip dava agli imprenditori locali la possibilità di ingrandirsi, avere botteghe e officine più grandi e più facilmente accessibili con mezzi di trasporto pesanti. Ma attenzione: quando in Consiglio comunale si votò la dotazione delle prime infrastrutture di contrada Canniviere, l'area era esclusivamente agricola, con l'omonimo torrente che scorreva in mezzo.
Il processo di infrastrutturazione proseguì con la successiva amministrazione mista, mezza rossa (quasi) mezza bianca, guidata da un giovane Nicola D'Ascanio. Cominciarono ad arrivare intanto le prime imprese. Ironia della politica e delle dottrine economiche, ad amministrare durante quel momento di sviluppo economico, il trionfo della libera impresa e quindi della libertà economica contrapposta al dirigismo comunista, era un'amministrazione nella quale una parte si rifaceva proprio a falce e martello. Il Pci nel 1989 nel suo opuscolo di fine mandato (un po' anticipato a causa di una manovra di palazzo) citava infatti "la zona industriale" (un errore che capitava un po' a tutti, chiamarla così). "Varie imprese hanno già ottenuto l'assegnazione dei lotti richiesti ed altri imprenditori esterni sono in procinto di farlo", così era riportato in "4 anni di amministrazione democratica" (febbraio 1990).
Fu pertanto un periodo importante quello a cavallo tra fine anni Ottanta e primi Novanta. In quel periodo arrivarono in loco diverse imprese, compresa una grossa realtà legata al tessile, ma anche altre attività commerciali e artigianali, dalla falegnameria al grossista di materiali edili, passando per la produzione di insaccati e altro.
In quegli anni si cominciò a parlare anche di collegare la zona Pip di Canniviere con la Trignina, cioè una strada a scorrimento veloce in grado di coprire i pochissimi chilometri, praticamente in piano e seguendo il corso naturale dell'omonimo torrente. Diventerà un tormentone alla montenerese, ma non ci riuscirà il centrosinistra dei tempi migliori, nonostante qualche importante "santo in Paradiso", per poi sparire come argomento dai radar delle amministrazioni comunali più recenti, compresa quella in carica.
Intorno alla metà degli anni Novanta fu trasferito in loco anche il depuratore che ancora oggi serve l'abitato montenerese. 
Infine un fatto di cronaca che turbò non poco la comunità: due incendi dolosi a distanza di pochi giorni nel capannone comunale. Era il 5 e il 7 aprile 2000, mancavano dieci giorni al voto per le elezioni comunali. Era evidente che il "lavoro", non completato nel primo attentato, ne aveva richiesto un altro. Furono danneggiati mezzi e attrezzature, specie quelli legati alla raccolta dei rifiuti. Attenzione a questo passaggio: il Comune si trovò a dover decidere in tutta fretta, amministrazione appena insediata, se riacquistare un camion compattatore o "esternalizzare", dare in appalto a privati, il servizio di raccolta dei rifiuti. Si scelse la seconda ipotesi e, col senno del poi, non si può considerare quello come il primo tassello di una progressiva rinuncia dell'ente comunale a gestire in proprio i più diversi servizi. Nel bene e nel male.
Vale la pena di ricordare che la raccolta dei rifiuti all'epoca era completamente diversa da oggi. C'erano i cassonetti e la differenziata era limitata alla carta e al vetro: finiva tutto in discarica (a Guglionesi) e pertanto ogni giorno usciva un grosso camion a svuotare i cassonetti.
Il resto per la zona Pip di Montenero è una storia di crescita più o meno continua almeno fino agli anni Duemiladieci, compresa l'installazione di una centrale elettrica a biomasse. Poi è seguita una fase di assestamento, con la chiusura di qualche impresa, il ridimensionamento di altre, la conversione di qualche capannone. 
La zona Pip di Montenero va avanti, ospita ancora imprese di pregio e, in barba al destino beffardo, funziona a differenza della Zona industriale vera e propria. Quest'ultima arrivò dopo un complicato iter, vale a dire la revisione del Piano regolatore generale, ma non è mai decollata, a parte ultimamente con l'installazione in loco di distese di pannelli per produrre energia dal sole. Forse l'unica parte inapplicata di quella variante generale al Prg, costata anni, fatica e denaro; "errore" che non può capitare più, giacché da una quindicina di anni nemmeno si pensa più che il Piano regolatore ogni tanto possa/debba essere rivisto.
Questa in sintesi una parte di storia locale. Una storia legata a chi ha fatto impresa a Montenero di Bisaccia. Qualche volta varrebbe la pena di ricordarsi dell'impresa privata, del robusto cavallo che traina in silenzio un pesante carro, per dirla alla Churchill.
Nelle foto: in alto una veduta della zona Pip di contrada Canniviere nel 1989, in basso vedute aeree dell'abitato, con accanto la zona Pip, e particolare

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