1994: quando a Montenero smise di mancare l'acqua

Le foto di un convegno dell'epoca l'occasione per ripercorrere una storia recente che oggi appare incredibile: la mancanza di acqua finché non ci fu l'allaccio al Liscione

Rossano D'Antonio
21/06/2024
Attualità
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MONTENERO DI BISACCIA. Tanto era considerata una conquista che vi dedicarono un convegno all'aperto: l'inaugurazione del nuovo acquedotto. O meglio, dell'allaccio della rete cittadina esistente alla diga del Liscione, che si tradusse nella fine di un'odissea pluridecennale. 
L'occasione per ripercorrere un pezzo di storia montenerese abbastanza recente arriva come altre volte dalle foto pubblicate da Antonio Assogna sulla sua pagina Facebook, in questo caso tratte dall'archivio del fotografo Carlo Caserio.
Settembre 1994, il posto è lo stesso dove circa due mesi prima i monteneresi avevano assistito col batticuore ai rigori poi finiti male per l'Italia contro il Brasile, nella finale del campionato mondiale di calcio negli Stati Uniti. In piazza Giovanni XXIII era stato infatti montato uno schermo gigante. E quella calda estate fu l'ultima in cui Montenero soffrì la carenza idrica che perdurava da decenni e che attanagliava il paese non solo nel periodo più caldo. L'acquedotto sinistro molisano non bastava per tutti i comuni serviti, principalmente quelli affacciati sul fiume Trigno dalla provincia di Isernia fino alla costa, cioè a Montenero. Un problema che si traduceva in casi estremi fino a tre giorni o più consecutivi senza acqua. Da qui il provvedersi della quasi totalità delle famiglie di cisterne autoclave per accumulare il più prezioso dei beni e non restare a secco. In ogni casa botti (all'epoca zincate) da venti, trenta e anche più quintali. Ma attenzione, quando l'acqua non usciva dai rubinetti per giorni, capitava che anche quelle gigantesche cisterne si svuotassero. Le docce andavano programmate, le vasche da bagno spesso usate come improvvisate riserve di acqua.
Di conseguenza l'arrivo dell'allaccio alla diga del Liscione, distante all'incirca venticinque chilometri e costruita negli anni Settanta, fu una rivoluzione. Con qualche ma, sia chiaro, ma per il momento è il caso di ricostruire come si arrivò a questa conquista. Perché da quel momento l'acqua a Montenero non è più mancata, fatta eccezione in caso di rotture delle condotte, guasti alle pompe ecc.
Si discusse una prima volta in Consiglio comunale di agganciarsi all'invaso artificiale del Liscione-lago di Guardialfiera nel 1986. Sindaco era Nicola D'Ascanio, lo stesso che otto anni dopo avrebbe inaugurato la nuova rete, ma nel frattempo caduto e rieletto due volte. Oltre che per l'approvvigionamento idrico, era infatti un periodo turbolento anche per la politica locale. Durante uno dei tanti tour de force cui dovevano sottoporsi i monteneresi, mancava l'acqua da tre giorni e non si vedeva una via d'uscita, fu organizzato un autobus e proposto agli studenti del locale Ragioneria di partecipare. Questi non se lo fecero dire due volte e, davanti alla sede dell'Erim di Campobasso, presto fecero sentire la propria voce. Ci vollero due ore buone, ma finalmente si aprì una finestra e un signore di mezza età incravattato chiese cosa volessero quei ragazzi, accompagnati da altri adulti che gridavano lì fuori al sole. L'acqua tornò a Montenero più o meno insieme a loro, non furono vane quelle grida, ma certo non si poteva andare avanti a colpi di viaggi di protesta a Campobasso organizzati dal Pci locale.
Il progetto costò 18 miliardi e 365 milioni di lire, come riporta lo stesso D'Ascanio nel suo libro "Un paese. Da periferia a bene comune" (Cosmo Iannone editore, 2023) e serviva anche altri comuni. Terminati i lavori, l'acqua potabilizzata del lago artificiale arrivò nelle case dei monteneresi intorno alla metà di settembre.
Non senza qualche effetto collaterale inatteso. E già, perché se c'era un problema sconosciuto a Montenero era la pressione elevata e così, nei primissimi giorni quando ancora tutto era da finire di mettere a punto, accadde che qualche contatore saltò. Scantinati allagati, idraulici chiamati in tutta fretta e costretti a montare di corsa un regolatore di pressione (questo sconosciuto).
Fu allora che finì il disagio idrico a Montenero di Bisaccia, non si dovettero più programmare le docce né riempire le vasche da bagno. Una conquista di civiltà, forse arrivata con vent'anni di ritardo rispetto ai comuni dell'Alto Molise e circostanti Campobasso, dove che si potesse patire la mancanza di acqua non era creduto.
Eppure, come accennato, qualche ma c'è stato e anzi prosegue ancora oggi che l'acqua del Liscione non arriva più, se non in porzioni marginali in periodi limitati dell'anno. Perché il sapore dell'acqua lacustre non è quello di sorgente, è chiaro. Di più, è dura e intasa maggiormente dispositivi come le cassette di scarico, per fare un esempio. In altre parole, da quel 1994 nessuno ha più bevuto l'acqua del rubinetto, nonostante fosse assolutamente potabile e, attenzione, controllata quotidianamente dai biologi dell'Erim prima, della Molise acque oggi. Detto altrimenti, cattivo sapore, ma è sanissima.
Una cautela rimasta ancora a distanza di due anni dalla sostituzione nei rubinetti monteneresi di quell'acqua con quella di sorgente, del cosiddetto Acquedotto molisano centrale. Non lo sa nessuno, anche se Monteneronotizie ne ha parlato più volte.
Nelle foto alcuni momenti del convegno in piazza Giovanni XXII

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