MONTENERO DI BISACCIA. Non è stata sempre una cattedrale nel deserto, anzi per qualche anno ha anche funzionato bene, si racconta. Adesso la natura intorno sembra rivendicarne la proprietà, una sorta di usucapione arborea. Parliamo del mattatoio comunale, una delle tante opere sfortunate, figlia forse di un piglio imprenditoriale che, col susseguirsi delle varie amministrazioni, si è sempre rivelato catastrofico. Ciò che si traduce per i liberali in un "te l'avevo detto io".
Oggi il mattatoio comunale appare come nelle foto: abbandonato, chiuso, le erbacce che col tempo cominciano ad avviluppare i muri esterni, il cancello che arrugginisce lentamente perché almeno fu usato del buon ferro. È così da una trentina di anni, il suo destino ancora ignoto. Come altre opere comunali nate sotto una cattiva stella.
Una prima idea di mattatoio comunale cominciò a comparire nei programmi amministrativi nel 1970, quando si era appena insediata la maggioranza guidata da Antonino Vitulli. Si dovette attendere una decina di anni per arrivare a un primo progetto esecutivo, sindaco Armando Benedetto. Era il 1981, in Consiglio comunale si previde l'inizio dei lavori entro l'anno successivo, ma non andò così. Dovette cambiare ancora qualcosa, se nel giugno 1984 fu approvato di nuovo il progetto esecutivo, ma stavolta si sarebbe arrivati davvero alla realizzazione dell'opera. Finalmente erano arrivati i finanziamenti.
Nel gennaio 1985 fu infatti dato l'appalto, costo complessivo dell'opera 130 milioni di lire (poco più di duecentomila euro la somma rivaluta a oggi). E cominciò a funzionare. Concepita da Vitulli, avviata da Benedetto due mandati dopo, fu completata sotto la reggenza di Nicola D'Ascanio. E fu difatti il Partito comunista italiano a inserirla nell'elenco delle cose fatte in un opuscolo distribuito nel 1989.
Il posto era contrada Canniviere, vallata che si trova a meno di un chilometro dall'abitato, in direzione nord-ovest. L'area Pip (Piani insediamenti produttivi), vale a dire la zona artigianale di recente realizzazione, dove già alcune imprese operavano. Aziende monteneresi fiore all'occhiello di un'imprenditoria in espansione, diverse tuttora operanti. Fra esse voleva comparire il mattatoio comunale, forse giganteggiare, competere a produrre utili con i privati.
A detta di chi vi ha lavorato o l'ha visto all'opera, il mattatoio era una struttura moderna e ben attrezzata. Tant'è che il Comune vi investì ancora settanta milioni di lire in attrezzature. C'era la possibilità di caricare le carni direttamente sui camion, insomma un fiore all'occhiello.
Eppure passato qualche anno, più di una gestione affidata a privati, il mattatoio è stato abbandonato e così è rimasto da una trentina di anni a questa parte. Nel frattempo, va da sé, è diventato non più conforme alle normative vigenti, non è stato adeguato, non ci macellava nessuno gli animali da anni. A fine anni Dieci è arrivata qualche proposta di acquisto dell'immobile all'allora amministrazione di Nicola Travaglini. Sono stati sistemati degli espropri rimasti imperfetti da quei lontani primi anni Ottanta, ma poi i privati hanno ritenuto il prezzo troppo elevato e non se n'è fatto niente.
E allora il mattatoio si appresta a rimanere così, una mezza incompiuta perché per qualche anno ha lavorato, ma destinata a deteriorarsi sempre più, finché non sarà ricoperta completamente dalla macchia mediterranea.
Altra opera in cui il Comune, attraverso le più svariate amministrazioni, cerca di fare l'imprenditore, con risultati disastrosi. Per esempio la casetta nei pressi del torrente Mergolo, vicino al mare, divenuta un ristorante sul tratturo l'Aquila-Foggia, finita in fiamme e anch'essa abbandonata a se stessa da una quindicina di anni. Immobili che poi restano a marcire sotto le intemperie e che né trovano altra destinazione, né sono appetibili per un acquisto, né si abbattono. Una sorta di memento per il Comune di Montenero di Bisaccia: è meglio non provare a farsi imprenditore.

