Una contiguità che dura da 50 anni: mai un cambio netto di maggioranza a Montenero

Analisi della composizione delle maggioranze che si sono alternate al potere, ogni volta c'era il legame con gli uscenti, fra patti e alleanze con ex avversari, litigi

Rossano D'Antonio
28/12/2023
Cultura
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MONTENERO DI BISACCIA. Maggioranze rovesciate sì, per quanto più o meno a metà, o anche meno, ma sempre con elementi di contiguità con le precedenti. In sintesi, non c'è mai stata negli ultimi cinquanta anni una sola volta (durevole almeno) in cui tutti i vecchi hanno perso il potere, rimpiazzati da tutti nuovi dopo un'elezione comunale. Un'analisi che chissà se servirà in vista della prossima scadenza, fra due o tre anni (dipende), ma che si vuole proporre perché nella storia c'è sempre da attingere per capire il presente. E, forse, il futuro.
Il periodo considerato va dal 1970 a oggi, attraverso turbolenze varie, litigi, alleanze improbabili poi diventate organiche, salti di poltrona. Ma la costante, come detto, è che in ogni nuova maggioranza c'è stato sempre qualcuno, anzi più di qualcuno, della vecchia. Una sorta di geometria variabile con limitatore. Nell'analisi si tiene conto dei cambi di maggioranza a seguito di elezioni, non sono perciò considerati i rimpasti avvenuti in corso di mandato, come un tempo era possibile.
1975. Le liste presentano ancora orgogliosamente i simboli di partito e si vota il 15 giugno. La maggioranza è composta a fine agosto, quando la Democrazia cristiana pur di non far tornare al potere il sindaco uscente Antonino Vitulli (moderato, ma a capo di una lista civica), si allea con il Partito comunista italiano. Un compromesso storico ante litteram di paese, clamoroso quanto destinato a non durare molto. La continuità non sta pertanto nei ranghi dei democristiani, con simbolo in lista e non, ma nei compagni. 
1980. La Democrazia cristiana ha ritrovato l'unità con la civica di Vitulli da un paio di anni e dopo le elezioni di giugno non ha difficoltà a comporre la maggioranza ed eleggere sindaco Armando Benedetto. Sarà una delle poche maggioranze che completano il mandato senza scossoni, con alcuni brillanti risultati, ma anche il lascito di qualche cattedrale nel deserto.
La continuità con la precedente amministrazione sta in questo caso nella componente principale della maggioranza, la Dc.
1985. È l'epoca del secondo compromesso storico. La Democrazia cristiana si divide un'altra volta e si presenta con due liste, delle quali una è ovviamente civica. È quest'ultima ad accordarsi con il Pci nel mese di agosto (si è votato a maggio), concedendo anche il sindaco, che diventa Nicola D'Ascanio. A differenza del primo compromesso, quello attuale avrà conseguenze a lungo termine, avviando di fatto la lunga stagione di potere della sinistra (in parte) e del centrosinistra.
La continuità sta nella presenza dei moderati della lista civica Spiga nella nuova maggioranza biancorossa.
1990. D'Ascanio dopo un breve allontanamento torna sulla poltrona più ambita e lo fa sbaragliando gli avversari, la sua è una maggioranza tutta comunista. Non durerà molto per ironia del potere e della sorte, ma questa è un'altra storia. Si vota a maggio e un mese dopo c'è già il sindaco (una specie record per quei tempi ante elezione diretta). La continuità fra una maggioranza e la successiva è pertanto rossa, anche se c'è stata un'interruzione di alcuni mesi in cui Dc e Spiga hanno ritrovato l'unità ed eletto Teresio Di Pietro quale sindaco.
1992. Però succede che non duri l'amministrazione tutta rossa, acclamata dagli allora giovani della Fgci come quella che avrebbe reso Montenero come Bologna, cioè la città più bella (perché rossa) del mondo. Si rivota e, attenzione, persino nella breve reggenza di Domenico Porfido c'è un elemento della passata amministrazione. Già, perché la sinistra montenerese si è spaccata e una parte pur di non far tornare D'Ascanio appoggia la coalizione moderata (Dc, civiche e l'unico eletto di Rifondazione).
Ergo, nonostante il rovesciamento di maggioranza uno di prima c'è. Poi arriva il ricorso al Tar del Partito democratico della sinistra (non più comunista da due anni), che si riprende un seggio e infine torna al potere, con Nicola D'Ascanio sindaco.
La continuità dei compagni in qualche modo sembra reggere, poiché la reggenza degli avversari è durata pochi mesi, funestati per altro dal trasloco degli uffici comunali in ogni dove per il cedimento di un muro nel municipio (poi ricostruito).
1997. Il primo sindaco eletto direttamente, con la nuova legge entrata in vigore nel 1993, è Sandro Panicciari e guida una lista civica di centrosinistra. Non durerà, commetterà alcuni errori, in qualche modo pagherà l'opporsi a un D'Ascanio ormai egemone, ma la sua è un'amministrazione che dà più di qualche buon risultato (fase finale del Piano regolatore che oggi nemmeno sanno cosa sia, per esempio). La continuità in questo caso c'è tutta, perché la sua amministrazione è la diretta filiazione della precedente, lui stesso è uomo di partito formato alla vecchia maniera, nonostante sia giovane.
2000. Eppure si arriva al voto in anticipo, perché le beghe politiche non finiscono mai e sull'agone locale si è affacciato un certo Antonio Di Pietro. Nella lotta a tre liste, una appunto dipietrista, ha la meglio quella che fa riferimento alla maggioranza uscente. Giuseppe D'Ascenzo è il nuovo sindaco e per il centrosinistra continua il lungo periodo di egemonia che, fra luci e ombre, disegnerà la Montenero negli anni a venire.
2005. La riconferma con larghi consensi di D'Ascenzo fa sembrare il centrosinistra destinato a rimanere per sempre in municipio. Non andrà così, ma la continuità in questo momento permane totale con la precedente maggioranza.
2010. Però poi il centrosinistra litiga, all'apparenza inspiegabilmente, come pretesto si usa di tutto, dal porto turistico a case per giovani coppie vicino al mare. Il centrosinistra si spacca in tre parti e, attenzione, è presente in ognuna delle liste contendenti. Così ce n'è un sostanzioso pezzo anche in quella di centrodestra, che indica Nicola Travaglini quale aspirante sindaco. Guiderà Montenero per dieci anni, trasformerà molto presto quella lista ibrida in una di centrodestra e basta, complice lo sfaldarsi dei progressisti a Montenero.
2015. Travaglini stravince le elezioni che lo riconfermano sindaco e pertanto, ancora una volta, garantisce che ci sia continuità fra la vecchia e la nuova maggioranza. È così dal 1970, in fondo. Tira dentro anche gli ex avversari dell'ormai estinto partito dipietrista, si spera che lui almeno sappia perché. Mal gliene incoglierà qualche anno dopo, ma anche questa è un'altra storia. Basti menzionare che fra i suoi assessori ex dipietristi c'è Simona Contucci.
2020. E Simona Contucci diventa il primo sindaco donna di Montenero di Bisaccia e, per forza maggiore, rappresenta la continuità fra la vecchia maggioranza e la nuova. Anche se sono tutti i nuovi i componenti a parte lei. Vince le elezioni col sostegno del centrodestra locale, travagliniani compresi. Più continuità di così.
Questa in sintesi l'analisi dei cambi di maggioranza nell'ultimo mezzo secolo. Come si evince, non è mai accaduto un rovesciamento di regime stile assalto al palazzo, vale a dire sbaragliando gli avversari e togliendo di mezzo tutti i vecchi detentori del potere. Ogni volta c'è stato qualcuno, più di qualcuno spesso, a rappresentare gli uscenti. Spesso chi è arrivato al potere c'è riuscito scendendo a patti con gli avversari e alleandosi con loro. Maggioranze cambiate sì, ma mai totalmente.
Si vedrà come andrà nel 2025 o 2026, a seconda della data che sarà decisa per le rinnovare i Consigli comunali eletti nel settembre 2020.
Nella foto i sindaci menzionati: in alto da sinistra Antonino Vitulli, Luciantonio Sacchetti, Armando Benedetto; in basso da sinistra Sandro Panicciari, Giuseppe D'Ascenzo, Nicola Travaglini, Simona Contucci

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