MONTENERO DI BISACCIA. "Mi sento sconfitto da quell'inchiesta", è un Antonio Di Pietro in buona parte inedito quello che si è presentato ai propri compaesani stasera nella sala polivalente. Un incontro gremito quello organizzato dall'Università delle tre età, evento che conclude il primo anno di attività, come ha spiegato la presidente Margherita Rosati, che dopo una breve introduzione ha passato la parola a Luigi Catalano. A lui il compito di introdurre l'ospite di eccezione, il montenerese più famoso di sempre: Antonio Di Pietro. Delicato il tema trattato e forse per la prima volta davanti ai suoi compaesani non è stato la politica. Si parlava infatti di giustizia e informazione. Ma prima l'ex magistrato e ministro ha voluto spiegare che ha riabbracciato finalmente la terra dalla quale è "andato via troppo giovane, ma questo paese mi è rimasto nel cuore". Da qui la volontà di passare quella che ha definito la sua terza età nella Montenero che, su questo nessuno dissente, non ha mai dimenticato e dove è sempre tornato.
Entrando nel vivo dell'argomento giustizia e informazione, Di Pietro ha focalizzato subito l'attenzione sulla regina delle inchieste che ha condotto quando era pubblico ministero: Mani pulite. Ne ha raccontato alcuni particolari, ma ha anche evidenziato come oltre che pm sia stato anche imputato, nelle tante inchieste a suo danno dove sistematicamente è stato assolto, nonché testimone. In pratica, ha provato tutti i ruoli possibili in un'aula di Tribunale e per questo ha affermato che "dipende dall'abito che indossi capire cos'è la giustizia".
Il tema informazione, che avrebbe dovuto essere trattato alla stessa stregua della giustizia, è stato in verità messo da parte quasi subito. Di Pietro ha evidenziato l'importanza e al tempo stesso le storture dell'informazione, ma specificando con decisione che la preferisce libera e plurale. Ha ricordato la famosa inchiesta di Report (in verità anche di altre testate e ben prima) sulle sue proprietà immobiliari una decina di anni fa. Niente di penalmente rilevante, va detto, ma fu una tegola dagli effetti irrimediabili sulla sua carriera politica. Eppure, "preferisco dieci, cento, mille volte un Paese dove c'è Report". Una risposta che cozza col saluto fatto poco prima dalla sindaca Simona Contucci, un tempo militante nel suo stesso partito, la quale ha detto di subire in qualche modo l'informazione. Di Pietro, in tutta evidenza, la pensa diversamente e lo ha detto.
Il suo intervento si è poi focalizzato sul tema giustizia e in particolare su Mani pulite. Ha portato con sé diversi libri, fatti rilegare in copia unica per essere donati all'Università delle tre età. Contengono sentenze ed estratti delle tante cause che lo hanno coinvolto e che, parole sue, lo hanno visto sempre assolto. Eppure quei "dossieraggi" hanno avuto i loro effetti, perché Antonio Di Pietro ha detto di essersi dimesso due volte, da magistrato e poi da ministro col primo Governo Prodi negli anni Novanta, proprio per quegli attacchi. Da qui, anche in questo caso in maniera insolita se non inedita davanti ai suoi compaesani, ha rivelato che l'inchiesta Mani pulite finì, incompleta, quando non fu possibile per i poteri forti renderlo inoffensivo con un altro metodo normalmente seguito all'epoca: ucciderlo. E allora via con processi e dossieraggi giornalistici. Questi ultimi, ha precisato l'ex pm, inutili se non c'è qualche magistrato ad aprire le inchieste.
"Se vuoi rimanere libero ne paghi le conseguenze" un passo dell'intervento di un Di Pietro accorato come si è visto spesso ma, in questo caso, un tantino più amareggiato. "Mi auguro che la storia di Mani pulite possa essere riscritta", ha aggiunto, specificando che sarebbe pronto a farsi ascoltare dalla Commissione di inchiesta parlamentare su quell'inchiesta di trenta anni fa che il nuovo governo vorrebbe istituire. Anche perché Di Pietro vorrebbe che "restasse nero su bianco anche la mia versione dei fatti".
Quasi in chiusura la candida ammissione di non aver raggiunto l'obiettivo di quell'inchiesta: la corruzione c'è ancora ed ha trovato altri sistemi per diffondersi.
Un accenno sdegnato anche all'intitolazione di una strada a Bettino Craxi nella vicina San Salvo: da sempre l'esponente socialista, presidente del Consiglio negli anni Ottanta, è un suo acerrimo nemico. Ci fosse stato più tempo per le domande sarebbe stato interessante far notare che lo statista, quand'era in vita, lamentava anch'egli di voler lasciare la sua verità su Mani pulite agli annali.
Sono seguite le domande da parte del pubblico, giornalisti e non. Dal come riformare la giustizia (occorre più personale e mezzi) all'opinione sulle recenti assoluzioni per la trattativa Stato-mafia a Palermo. In tal senso la posizione di Antonio Di Pietro è stata cauta, confidando nella bontà sia dell'accusa sia del giudice terzo, che "ha avuto più occhi per guardare cosa è accaduto". Poi una domanda sulla carcerazione preventiva usata per far confessare gli imputati ai tempi di Mani pulite: c'era pericolo di inquinamento delle prove la risposta. Infine c'è stato chi ha chiesto se fra sette anni sarebbe disposto a candidarsi a sindaco della sua Montenero. Importante notare i sette anni: si vota fra due anni, si è data per scontata la riconferma di Simona Contucci. La quale ha sorriso e sottolineato che di mezzo c'è un passaggio elettorale. Antonio Di Pietro ha detto che a quell'epoca avrà ottanta anni e a “quell'età uno deve fare l'ottantenne, non il sindaco”.
Questo in sintesi il secondo e ultimo degli incontri organizzati con personaggi di spessore dall'Università delle tre età nella sua prima sessione di lezioni. L'altra volta a riempire la sala polivalente, sempre davanti a un pubblico attento e pronto a fare domande, l'ex ambasciatore Mario Palma, anch'egli montenerese.
Il video dell'incontro realizzato da Giuseppe D'Aulerio